Il prof. Angelo Panebianco, con la consueta intelligenza e raffinatezza, ha lanciato nei giorni scorsi una accusa politica e culturale ad un “certo cattolicesimo politico” nel nostro paese. Una accusa che evidenzia una sorta di immaturità politica di un filone ideale che non riuscirebbe, stando alle osservazioni del politologo bolognese, ad uscire dalle secche del pauperismo e delle pastoie burocratiche. E quindi, e di conseguenza, portatore di una sostanziale avversione se non tiepidezza nei confronti “dell’economia di mercato”. Che poi sono le facce della stessa medaglia. 

Una riflessione nè nuova nè originale ma che, da tempo, alligna tra osservatori ed opinionisti che non hanno quasi mai individuato nel cattolicesimo politico una esperienza matura ed adulta in grado di dare un contenuto decisivo, nonchè moderno ed originale, per il governo del paese. Eppure è proprio la storia del nostro paese a dirci il contrario. La cinquantennale esperienza della Democrazia Cristiana ci conferma che anche in Italia è stato possibile un sano e fecondo compromesso tra democrazia e capitalismo capace di declinare una vera ed autentica cultura di governo. Del resto, questa è stata anche un’accusa, sempre di natura politica, rivolta ad alcuni settori della sinistra Dc che avrebbe condiviso nel tempo con mondi e sensibilità culturali tiepidi nei confronti dell’economia di mercato e della cultura industriale. Anche qui, è la stessa esperienza politico ed istituzionale concreta che smentisce questa rilettura un po’ caricaturale, tardo ideologica e fortemente pregiudiziale nei confronti di una cultura politica che ha caratterizzato ampi settori dell’area cattolica italiana. E che smentisce, nei fatti, l’atavica avversione nei confronti della sinistra Dc e e del cosiddetto “cattolicesimo politico” italiano. 

Certo, oggi non esiste una esperienza ed uno strumento politico in grado di recuperare, seppur aggiornandola, quella cultura e quel progetto politico. Il “centro”, oggi, semplicemente non esiste. E, di conseguenza, è venuta meno anche una cultura e una prassi che storicamente si è riconosciuta nella sinistra Dc e quindi nella Dc. Ed è venuta meno anche quella “politica di centro” che aveva dato un contributo decisivo per il governo del nostro paese. 

Ora, essendo alla vigilia di una fase storica che probabilmente cambierà radicalmente il panorama pubblico del nostro paese e forse gli stessi equilibri democratici dopo lo tsunami rappresentato da questa drammatica emergenza sanitaria, non è secondario recuperare una cultura e un giacimento di valori che restano essenziali per la qualità della nostra democrazia. Ad oggi nessuno sa che cosa realmente capiterà dopo questa dura ed inedita esperienza. Nessuno può prevedere, oggi, quali saranno realmente le forze in campo e, soprattutto, l’agenda e le priorità che detteranno i comportamenti e le conseguenti scelte politiche a livello nazionale dopo la terribile pandemia. Ma una cosa sola è certa. Si dovrà ripartire dalle fondamenta, si dovrà recuperare la dimensione della comunità e, soprattutto, si dovrà elaborare un progetto politico capace di legare la solidarietà con lo sviluppo e la crescita. E proprio lungo questo solco sarà ancora una volta decisivo il contributo – con altri, come ovvio – del cattolicesimo politico italiano nelle dimensioni concrete che assumerà.