I franchi tiratori umiliano la democrazia. Dobbiamo invocare uno scatto di dignità dei rappresentanti del popolo.

Abbiamo bisogno di una svolta, e anche profonda, della politica e nella politica italiana. Affinchè non si assista più a uno spettacolo che rischia, purtroppo, di allontanare ulteriormente il cittadino dalle istituzioni e dalla politica. I franchi tiratori, copiosamente all’opera contro Marini e Prodi nel 2014, sono un grave sintomo di crisi delle istituzioni democratiche.

Quando ci si avvicina alla scadenza del settennato e alla elezione di un nuovo Presidente della Repubblica, ritornano come le stagioni meteorologiche alcuni tasselli di un mosaico che si ripetono in modo persin ossessivo nelle diverse fasi storiche. Si possono citare perchè sono sempre gli stessi: sotterfugi, imboscate, tradimenti, veti personali, tatticismi esasperati, rapidi cambiamenti di posizione e tornaconti di partito e personali. Tornaconti di natura politica, come ovvio. E infine, e soprattutto, i franchi tiratori. Ecco, è proprio sui franchi tiratori che si può e si deve concentrare l’attenzione. Perchè si tratta di una categoria strana e singolare ma che però è stata decisiva, salvo casi eccezionali – elezioni di Ciampi e di Cossiga – nel caratterizzare e nel lastricare l’avventura della politica italiana.

Certo, ci sono svariati tipi di franchi tiratori. I peggiori li abbiamo sperimentati indubbiamente nel 2013. Prima con Franco Marini, grande leader politico, popolare e coerente, che è stato cecchinato da 154 franchi tiratori/mascalzoni dopo che l’assemblea dei “grandi elettori” del centro sinistra aveva votato a larga maggioranza la sua candidatura al Quirinale. Franchi tiratori prevalentemente appartenenti al Pd e al campo della sinistra che avevano fatto mancare il loro voto ad un fondatore autorevole e qualificato del Pd, oltre ad essere stato uno storico leader politico e un uomo delle istituzioni. Peggio ancora capitò per il povero Prodi, storico candidato al Quirinale, dove addirittura fu cecchinato, seppur solo dagli ormai famosi 101 franchi tiratori, dopo aver ricevuto una standing ovation da curva sud senza passare attraverso il voto dei “grandi elettori” di quell’area politica come avvenne, invece, per Marini.

Poi ci sono i franchi tiratori della prima repubblica, notoriamente più seri, anche se siamo sempre nel campo dei tradimenti. Ma in quelle occasioni, seppur svariate, diverse e singolari, i franchi tiratori erano il più delle volte il frutto di decisioni politiche abbastanza pubbliche delle varie correnti democristiane e di altri partiti che mettevano veti sui singoli candidati. Insomma, era una lotta politica interna ai partiti che si trascinava nelle aule parlamentari ma, il più delle volte, erano annunciate se non addirittura persino attese. Certo, il dibattito, anche acceso e appassionato come sempre, avveniva prima, cioè quando c’era il confronto politico interno sulla designazione del candidato o dei candidati alla Presidenza della Repubblica.

In ultimo ci sono i franchi tiratori “a la carte”, cioè persone che ragionano esclusivamente sulla base del proprio tornaconto. Che, detto fra di noi, è quello che leggiamo quotidianamente su quasi tutti gli organi di informazione. E cioè, tradotto per i non addetti ai lavori, prima verifico sino a quando posso percepire il lauto stipendio e possibilmente anche il vitalizio e poi decido chi può essere il candidato migliore che può soddisfare quella mia finalità e desiderio. Ora, è del tutto evidente che in una stagione politica ancora dominata in larga misura dai populisti, almeno nelle attuali aule parlamentari, questa prassi è difficile da sradicare e da smantellare. E questo per un motivo molto semplice: e cioè, i partiti si sono trasformati in cartelli elettorali, la politica è sostanzialmente evaporata e i comportamenti sono dettati quasi esclusivamente dalla propria convenienza momentanea. Ed è proprio perchè conviviamo, purtroppo, in un contesto del genere che la prossima elezione del Presidente della Repubblica è esposta a qualsiasi esito e resta del tutto imprevedibile. Certo, si tratta di una caduta verticale del ruolo e della funzione della politica, della credibilità delle istituzioni – in questo caso del Parlamento – e, soprattutto, della caratura e del qualità della cosiddetta classe dirigente. È triste, in effetti, molto triste ma è la realtà, ascoltare nei vari talk televisivi e leggere i vari commenti sugli organi di informazione del legame stretto che esiste tra il raggiungimento del vitalizio, l’ottenimento degli stipendi ancora per qualche mese e l’elezione del Presidente della Repubblica.

Ecco perchè abbiamo bisogno di una svolta, e anche profonda, della politica e nella politica italiana. Affinchè non si assista più a questo spettacolo che rischia, purtroppo, di allontanare ulteriormente il cittadino dalle istituzioni e dalla politica. Altrochè i populisti che annunciavano pomposamente di “aprire il Parlamento come una scatola di tonno”. Alla fine, mai il Parlamento italiano ha vissuto una stagione così decadente e così triste. Almeno per quanto riguarda la qualità della democrazia e la credibilità delle nostre istituzioni democratiche.