La notte del 7 dicembre 1970 si consumò una delle vicende più inquietanti e oscure dell’Italia repubblicana, che nell’immaginario collettivo e storico-storiografico assunse il lemma di “Golpe Borghese” (dal nome del presunto “regista” del complotto, il principe Junio Valerio Scipione Ghezzo Marcantonio Borghese, ex ufficiale della Regia Marina italiana e poi a capo della 10°ma Flottiglia Mas operante nel Mediterraneo). Ad allarmare non fu tanto il fallito (o tentato) golpe, conclusosi con uno strampalato flop, quanto tutto ciò che emerse e stava emergendo a margine delle notizie che si rincorsero durante e dopo l’implosione del piano.

Anni di indagini e ricostruzioni, non ultime quelle della magistratura, non sono riuscite di fatto a sbrogliare la matassa di quell’episodio giunto nel pieno di una serie di stagioni caratterizzate dalla radicalizzazione ideologica e dallo scontro sociale, di cui furono protagonisti gli studenti e più in generale, i giovani. Cresciuti questi all’ombra dell’autoritarismo accademico e della partitocrazia popolare e conformista post-conflitto, i movimenti assunsero posizioni sempre più ostili nei confronti del sistema capitalistico e della società borghese; un’ostilità che si tramutò nel rifiuto violento verso la prassi politica tradizionale. Se per un verso ebbe quindi luogo l’adesione alla democrazia di base e all’ugualitarismo – che trovarono come riferimento la classe operaia, i sindacati e i movimenti studenteschi – per l’altro giungeva al suo apice il risentimento verso una classe dirigente debole e incerta, rispetto alla quale brulicarono i gruppi extraparlamentari e le cellule eversive, a cui diedero supporto menti “esperte e deviate” (il 12 dicembre 1969, in pieno “autunno caldo”, era scoppiata la bomba di Piazza Fontana a Milano). Questo era il clima. 

Le inchieste, i processi e i verbali hanno stabilito, nei decenni, un connubio di ruoli ad continuum distribuiti tra uomini dei servizi, massoni, quadri militari, ‘ndranghetisti e mafiosi i quali – «con l’appoggio di un imprecisato numero di soggetti civili sparsi in tutta Italia » – sarebbero stati pronti a marciare su Roma per mettere in atto un Colpo di Stato dal nome in codice “Operazione Tora Tora”. La congiura avrebbe dovuto concludersi con l’instaurazione di un Governo Militare e il rapimento del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Il proclama della cospirazione, scritto in calce dallo stesso Borghese, fu sequestrato presso lo studio omonimo nel marzo 1971. Ma a fare più scalpore furono le notizie che vennero alla luce postume, e cioè che a largo di Malta sarebbero state pronte 4 unità della Flotta Nato ad avvicinarsi per dare man forte ai golpisti e che i vertici dei servizi fossero da mesi a conoscenza della trama. Il tutto mentre erano in procinto di essere occupati il Ministero della Difesa, quello dell’Interno e gli studi della Rai. Una macchinazione mastodontica nei presupposti ma sminuita clamorosamente nei fatti anche da chi, come alcuni testimoni, hanno sostenuto che si sarebbe trattato solo di un’azione dimostrativa. I verbali dicono che la sospensione della congiura 

avvenne a seguito dell’intervento di Borghese, che in tempo reale intimò alla rete cospirativa di interrompere l’iniziativa. Le cause ? Mai chiarite, né dallo stesso Borghese (nel frattempo fuggito in Spagna) tanto meno mediante i processi che si sono susseguiti negli anni (1971, 1974, 1977 e 1984), nel corso dei quali vennero emanate tutta una serie di assoluzioni in nome dell’assioma “era solo uno scherzo”. Gli studiosi del tema, comprensivamente ai magistrati, dopo anni di analisi dei documenti e dei fatti, evinsero che il golpe fallì per la manifesta incapacità dell’ex ufficiale militare nel portare a compimento una simile impresa, architettata solo da “vecchi nostalgici e giovani esaltati”. Almeno ufficiosamente.

Mezzo secolo dopo, è opportuno sottolinearlo, della vicenda rimane una sensazione che suona come una convinzione: quello della notte dell’Immacolata Concezione del ’70 fu solo il tentativo di mettere a segno un golpe piccolo borghese. Non nell’accezione dei termini e men che meno richiamando al doppio senso, quanto allo stato dei fatti. Nonostante le scioccanti trame tessute nell’ombra.