Il numero del Barometro [la Fondazione ha diffuso alcuni documenti, ndr] aggiorna il nostro modello di analisi, i suoi indici di dominio, il suo indice sintetico di benessere-disagio delle famiglie italiane, sulla base dei recentissimi dati Istat definitivi per il secondo trimestre 2020.

Il quadro che ne risulta è, com’è noto, di drammatica dirompenza sanitaria, economica e sociale.

Fatto 100 l’indice sintetico ponderato di benessere-disagio sociale delle famiglie italiane nel primo trimestre 2007, il secondo trimestre 2020 crolla a 83,2 perdendo, altresì 6,5 punti percentuali sul primo trimestre 2020 e 10,6 punti percentuali sul secondo trimestre 2019. L’indice è tornato, quasi completamente, ai valori minimi del 2012 cancellando, in due trimestri, tutto il faticoso recupero che in dodici anni lo aveva riportato in prossimità del 2007.

Il pregio del Barometro risiede nell’offrire, a pochi mesi di distanza, un’analisi meditata ed approfondita delle variabili in gioco (attività economica, reddito, lavoro, coesione sociale, istruzione) secondo i principi del Benessere Equo e Sostenibile (BES), al di là delle percezioni del momento e della necessità di scelte e di decisioni brucianti, contribuendo a far emergere le relazioni strutturali decisive, trarre lezioni feconde, metterle a frutto per contrastare l’evoluzione della crisi pandemica, impostare strategie capaci di generare effetti strutturali e sistemici durevoli nel lungo termine.

Riflessione quanto mai necessaria di fronte alla nuova espansione esponenziale dell’epidemia dalla seconda metà di settembre ed alle nuove restrizioni differenziate per regioni di inizio novembre.

Non disponiamo, ancora, dei dati Istat aggiornati per elaborare il Barometro del terzo trimestre ma, il PIL italiano in seguito alla piena riapertura nel terzo trimestre 2020, secondo l’Istat ha registrato una ripresa congiunturale, fra le più brillanti dell’Eurozona, del 16,1%, tornando ai volumi della prima metà del 2015 contro il ritorno al 1993 del secondo trimestre.

L’industria ha offerto un contributo determinante, ristabilendo ad Agosto i livelli pre crisi Covid 19. La ripresa è diffusa nei diversi comparti industriali, trainata sia dalla componente nazionale che estera della domanda.

Su base tendenziale (terzo trimestre 2020 su terzo trimestre 2019) la variazione è negativa (- 4,7 punti percentuali), poiché nel primo semestre il crollo cumulato è stato superiore al 18% (secondo trimestre 12,4%).

L’andamento negativo previsto nel quarto trimestre avrebbe effetti negativi minori sul 2020, sostenuto dalla ripresa potente del terzo trimestre, ma pesanti sul 2021 che, secondo le stime dei maggiori Centri di ricerca e di previsione, potrebbero rallentare la crescita dal + 6% della Nadef sino alla metà o ad un terzo.

I tempi del recupero, conseguentemente, si allungherebbero ed il ritorno ai livelli pre-crisi non si raggiungerebbe, certamente, nel 2021, ma, verosimilmente, nel 2022.

Anche l’Eurozona (+ 12,7%) e l’UE (+ 12,1%) nel terzo trimestre hanno realizzato una clamorosa ripresa a “V” sotto la spinta cumula6va di poderosi interventi fiscali nazionali, della poli6ca monetaria ultra espansiva della BCE e delle risorse europee, dopo il crollo del secondo trimestre. Il rimbalzo di Germania, Francia e Spagna è stato non minore di quello italiano.

Il PIL della Germania nel terzo trimestre è cresciuto dell’8,2% (atteso + 6,8%), contro la caduta del 9,8% nel secondo trimestre. Il PIL della Francia è cresciuto del 18,2% (atteso 15%) e quello della Spagna del 16,7% (atteso 13,5). Per l’Eurozona, su base annua (terzo trimestre 2020 su terzo trimestre 2019) il differenziale (- 4%) è ancora alto.

Sul quarto trimestre pesano gravi incognite: tempi del vaccino; caduta della fiducia di imprese e famiglie, con effetti sui risparmi (in aumento) ed investimenti (in diminuzione); timori di insolvenze su larga scala con gravi ricadute sulla crescita della disoccupazione.

La BCE stima il PIL dell’Eurozona in caduta nel 2020 del 7,8%, nel 2021 in crescita del 5,3% e nel 2022 del 2,6%.

Il PIL della Germania è previsto in caduta del 5,5% nel 2020; in crescita del 4,4% nel 2021 e del 2,5% nel 2022.

La BCE è pronta non solo a prolungare nel 2021 la politica monetaria di sostegno alla ripresa, ma a potenziare il Q.E. e a migliorare le condizioni del TLTRO (finanziamento alle banche europee, sottoposte alla sua vigilanza, a tassi negativi purché li finalizzino all’aumento dei crediti ad imprese e famiglie).

Nel 2021 avremo due asimmetrie fra i tempi di uscita dalla crisi epidemica ed i tempi di permanenza dei fattori ostativi. Premessa di Giuseppe Gallo Presidente Fondazione Ezio Tarantelli Centro Studi Ricerca e Formazione Pag. 2

La prima è di natura sanitaria. I recenti interventi di Guido Rasi, direttore esecutivo dell’EMA (Agenzia per il farmaco europea), sostengono che il vaccino anti Covid 19 potrebbe essere pronto per fine gennaio o inizio febbraio 2021, se le case farmaceutiche presenteranno all’EMA, che deve autorizzarlo, i risultati clinici sulle sperimentazioni entro novembre.

I primi effetti sulla pandemia dovrebbero manifestarsi nell’estate 2021; l’immunità di massa non sarà raggiunta per fine 2021 (per vaccinare 400 milioni di persone sono necessari tra 500 e 600 milioni di flaconi che per dicembre 2021 non saranno disponibili) ma, verosimilmente, per il primo semestre 2022. Fatte salve le incognite che solo l’esperienza di massa scioglierà (durata dell’effetto immunitario, periodicità dei richiami, immunizzazione della trasmissione o degli effetti patologici). Dovremo, pertanto, convivere ancora per oltre un anno col virus, ancorché (si spera) declinante, mantenendo tutte le regole prudenziali e le eventuali restrizioni, ormai familiari.

Si noti che la previsione sanitaria sulla quale si reggono le proiezioni tendenziali e programmatiche della NADEF sono molto diverse.

Si assume, infatti, il postulato secondo il quale “la distribuzione di uno o più vaccini cominci entro il primo trimestre del 2021 e che a metà anno la disponibilità di nuove terapie e di vaccini sia tale da consentire al Governo di allentare la gran parte, se non tutte, le misure restrittive. Di conseguenza, il recupero dell’economia dovrebbe riprendere slancio nel corso del 2021, dando anche luogo ad un significativo effetto di trascinamento sul 2022”.

Non manca la previsione avversa:

“Nello scenario di rischio, a differenza di quanto ipotizzato nello scenario tendenziale, la ripresa dei contagi osservata a partire da agosto si aggraverebbe sensibilmente nei mesi finali del 2020, portando anche ad un sensibile aumento dei ricoveri ospedalieri. Ciò indurrebbe il Governo a reintrodurre misure precauzionali, peraltro meno drastiche che nella scorsa primavera. Dopo il rimbalzo del periodo estivo, il PIL subirebbe una nuova caduta nel quarto trimestre”.

Il PIL 2020 peggiorerebbe, in questa ipotesi, dal – 9% al – 10,5%; la ripresa nel 2021 cadrebbe al + 1,8% e solo nel 2022 rimbalzerebbe al + 6,5%.

Il Governo continua a sostenere che il quadro analitico e previsionale della NADEF tiene e che si tratta soltanto di slittamenti temporali della ripresa, ma, proprio per questo, a parer mio, pur non conoscendo ancora la dimensione delle ricadute economiche delle restrizioni differenziate per regioni, il quadro tendenziale dev’essere aggiornato (una NADEF della NADEF) e la strategia di politica economica per il 2021, che da anno di rimbalzo al +6% potrebbe diventare un anno di modesta ripresa o di stagnazione, deve decisamente cambiare.

La seconda asimmetria temporale è di natura finanziaria.

Le risorse europee del Next Generation (delle quali il Fondo di Ripartenza e di Resilienza è la componente più rilevante) inizieranno a concretizzarsi nel secondo semestre 2021 o nel primo semestre 2022 se i contenziosi europei, fra Commissione e Consiglio e fra Parlamento e Consiglio, già in atto, produrranno ritardi procedurali. Il flusso di risorse europee sarà, inoltre, relativamente minore nel 2021 e crescerà progressivamente negli anni successivi.

Il 2021 sarà, pertanto, un anno debole anche in riferimento ai flussi finanziari europei.

La concomitanza delle asimmetrie sanitaria e finanziaria nel 2021 richiede, pertanto, una manovra di bilancio di gran lunga più potente, sotto il profilo finanziario, e più innovativa, sotto il profilo qualitativo, di quella abbozzata dal Governo nel recente Documento Programmatico di Bilancio, nell’interesse del lavoro e del Paese.