Il dibattito sull’Afghanistan mortifica le ambizioni dell’Europa. Dal Meeting di Rimini un’immagine desolante.

Come dice Diego FabbrilEuropa non esiste sul piano geopolitico, esistono le collettività europee che hanno interessi, visioni diverse”. Il populismo ha indebolito gravemente la capacità di riflessione e iniziativa della classe dirigente politica. Quest’anno l’incontro di Comunione e Liberazione ha rimarcato questa triste condizione di insufficienza.

 

Giuseppe Davicino

 

Il dibattito sull’Afghanistan è la cartina di tornasole dell’ inadeguatezza dell’attuale classe politica di fronte alle diverse sfide. Non si può definire una prospettiva di stabilizzazione né parlare genericamente di sconfitta dell’Occidente senza considerare che tutto è cominciato dal Project for the New American Century, dal piano di un think tank, quello di Cheney e Rumsfeld, seguito, casualmente, dall’11 settembre. L’invasione di Afghanistan e Iraq e successive destabilizzazioni di altri Stati dell’area MENA sono conseguenze calcolate. È la storia degli ultimi 20 anni che va riscritta.

 

Così molto spesso avviene intorno all’Europa, verso cui si sentono affermazioni superficiali e populiste, provenienti da settori che si definiscono europeisti. Se non guardiamo alla realtà, non eviteremo di ripetere gli errori del passato. E la realtà, come ci ha ricordato di recente un convinto assertore dell’Europa alla tedesca (scuola Limes), come Diego Fabbri, è che “l’Europa non esiste sul piano geopolitico, esistono le collettività europee che hanno interessi, visioni diverse”, cosa di cui i padri fondatori erano perfettamente consapevoli e che non impedì loro di sognare ma, come suol dirsi, facendo fuoco con la legna che avevano a disposizione, senza pericolose illusioni. Ogni qualvolta l’Impero Centrale prende il sopravvento, l’Europa si sfascia, non la si costruisce.