Un drappello di grillini ribelli e Sinistra Italiana, almeno per la parte controllata dal segretario Fratoianni, voteranno contro il governo Draghi. Sul piano dei numeri, data l’estensione della maggioranza, non si annuncia nulla di grave. Sul piano politico emerge però una demarcazione significativa, tale cioè da configurare un grande blocco centrale, variegato al suo interno, che trova a sinistra un’opposizione parallela e contrapposta a quella nazionalista di Fratelli d’Italia. Nella storia italiana questo fenomeno si è più volte ripetuto: l’adesione a una politica di larghe convergenze, a cominciare dal connubio Cavour-Rattazzi, ha provocato contestualmente il taglio delle ali estreme.

Sotto questo profilo, l’unità realizzata attorno a Draghi perde il carattere di eccezionalità che l’autoesclusione della Meloni, l’unica a schierarsi contro seppur con dichiarato intento costruttivo, sembrava fino a ieri accreditare. L’emersione, dunque, di un dissenso organizzato sulla sinistra permette di identificare l’attuale maggioranza come il nuovo perimetro politico entro cui di andrà ad articolare la dialettica tra forze compatibili e insieme alternative, in base evidentemente a organiche scelte di programma. In altre parole, anche ammettendo la tendenza a preservare la logica del bipolarismo disegnato con l’avvento della Seconda Repubblica, s’intravvede in prospettiva la ristrutturazione del sistema politico lungo l’asse di una più razionale politica delle alleanze.

Da ciò deriva l’implausibilità di talune affermazioni, come quelle ad esempio di Salvini e Berlusconi in ordine alla sostanziale continuità del vecchio centro-destra, una volta superata l’attuale esperienza di governo; oppure, con diverso timbro in area giallo-rossa, quelle che lasciano intendere la prefigurazione di uno scenario molto simile alla “gioiosa macchina da guerra” dei Progressisti di Occhetto. Non si tratta di una implausibilità astratta e sofisticata, bensì di una molto più pragmatica, quindi più autentica e. concreta perché dettata dal buon senso. Il percorso tratteggiato con la formazione del governo Draghi non prevede il ritorno ai punti di partenza in virtù di una fatale convenienza restauratrice. In questo processo, volere o volare, ogni forza politica è chiamata a misurarsi con le incertezze e insieme con le suggestioni del cambiamento. Il futuro non sarà il prolungamento di esauste logiche fin qui conosciute e  sperimentate, senza successo.