IL MADE IN ITALY E IL TERZO SETTORE HANNO UN NEMICO COMUNE: L’AGENZIA DELLE ENTRATE.

Una risoluzione adottata di recente dall’Agenzia si pone in contrasto con le politiche di promozione del Made in Italy. Giudizio severo di Enrico De Mita. Per giunta, una nota interna identifica di fatto il benemerito Terzo Settore come “area a rischio”. Si tratta di un duplice errore da correggere in fretta scuotendo l’indifferenza delle forze politiche (pur prodighe di promesse generose in questa fase d’inizio della campagna elettorale).

P.V. Publicola

 

Nel mese di luglio, mentre Parlamento e Partiti erano alle prese con la caduta del Governo Draghi ed il via ad elezioni politiche anticipate, l’Agenzia delle Entrate prendeva decisioni abnormi, in contrasto con gli indirizzi dati dai Ministero controllante oppure da quello competente per materia, ed addirittura con la Costituzione Repubblicana.

 

Se ne è accorto per primo il prof. Enrico De Mita che ha lanciato l’allarme con un motivato articolo sul Sole 24 Ore del 9 agosto, dal titolo: “Bonus Ricerca e sviluppo, dal Fisco penalizzazione per il made in Italy – Fisco e Costituzione”. L’Autore, tra i massimi esperti del Diritto Tributario, contesta radicalmente la Risoluzione 41/E del 26.7.22 della Agenzia che nega l’ammissibilità del credito d’imposta per svariati comparti guida del c.d. Made in Italy. Credo basti riportare alcuni brani essenziali: “Il made in Italy è un bene da tutelare che ha rilevanza costituzionale. L’attività di ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante agli effetti del credito d’imposta, non è stabilita dall’Agenzia delle Entrate ma dal legislatore….Non vi è chi non veda come le soluzioni tecniche e la ricerca dei materiali, in stretta complementarietà con lo sforzo ideativo estetico sono l’essenza di una ricerca e innovazione indubbiamente ammissibili per la norma agevolativa…In chiave di diritto tributario costituzionale, sulla base del principio dell’art. 97 della Costituzione, la risoluzione 41/E traduce in risoluzione assunti apodittici e generici che non valgono a revocare in dubbio i chiari assetti già delineati dal 2009 al 2022 dal Mise…il cui intervento non è analisi personale ma istituzionale”. Chissà se qualcuno nei Ministeri competenti o nelle Forze politiche sempre prodighe di promesse elettorali sul piano fiscale, si prenderà la briga di far modificare la Risoluzione in questione, firmata dal  responsabile della Direzione Grandi Contribuenti e internazionale, il cui contenuto appare a tutti, solo che ne analizzino i contorni giuridico-amministrativi, di evidente abnormità teorica e pratica, ed in palese e clamorosa contraddizione ai tanti proclami periodicamente lanciati a sostegno del Made in Italy.

 

Ma ben più in contrasto palese con i dettati costituzionali è una “Nota” della stessa Agenzia, di cui finora nessun organo di stampa e nessun esponente politico ha parlato, lasciando in amara solitudine la protesta dei Sindacati interni, espressa con un documento unitario. E c’è pure da dire che tale Nota del 5.7.22, denominata “Codice di comportamento del personale dell’Agenzia delle Entrate- art.8-Disposizioni particolari in caso di partecipazione ad associazioni e organizzazioni”, è redatta su carta della Direzione Risorse-Ufficio Disciplina, ma è firmata addirittura dal Direttore dell’Agenzia Ernesto Maria Ruffini e reca in conclusione l’invito “alla massima diffusione e sensibilizzazione del personale sui contenuti della presente”. Occorre dire subito che la Nota in questione non va a riempire un vuoto normativo, essendo già in vigore un “Codice di comportamento” ben articolato, esaustivo ed anche sufficientemente…repressivo. Essa dà per così dire….una interpretazione autentica e molto espansiva dell’articolo 8 del citato Codice di Comportamento, con bizzarre affermazioni quali la asserita parità di rango dell’art.18 della Costituzione, parte dei Principi fondamentali e riguardante il diritto alla partecipazione dei cittadini ad Associazioni, con gli art. 97 e 98 della stessa Costituzione, con l’inserimento dell’obbligo di comunicazione preventiva da parte del dipendente, della volontà di aderire ad una Associazione, allegando peraltro necessariamente lo Statuto della stessa, e subordinando la adesione al ricevimento di apposito nulla osta della Agenzia. 

 

Di notevole gravità è l’aver previsto esplicitamente, nella Nota, che l’obbligo preventivo vale per tutto il c.d. Terzo Settore, cioè l’insieme delle Associazioni di volontariato o altro che operano statutariamente senza finalità di lucro e con divieto di retribuzione di dirigenti e soci. Inserendo anche in tal caso una bizzarra eccezione all’obbligo di richiesta di nulla osta alla adesione ad una Associazione: quando trattasi di associazioni operanti in campi quali la moda, la danza, la cucina etc, poiché “trattasi di settori slegati dalle attività istituzionali dell’Agenzia”. Tutti gli italiani erano convinti che l’Agenzia si occupasse di garantire la corretta rispondenza alle norme fiscali dello Stato, da parte di qualsiasi Entità, commerciale o anche appunto del Terzo Settore, nello svolgimento della propria attività statutaria! O forse è cambiata la mission dell’Agenzia delle Entrate? Il dubbio viene leggendo una gravissima asserzione, finora non smentita, presente nel citato Documento Unitario dei Sindacati interni, secondo la quale l’Agenzia fa un uso improprio dello strumento tecnico “Anagrafe Tributaria”, per un monitoraggio dei propri dipendenti e delle Associazioni ai quali malaugurati si avvicinano. 

 

Suona quindi sinistramente beffarda l’espressione contenuta nella Nota del Direttore Ruffini, secondo la quale l’agenzia “tutela il diritto alla associazione, ma non nel caso di assunzione da parte di un dipendente, di incarichi direttivi della Associazione stessa, nel qual caso sarà effettuata una valutazione più approfondita”. E no, Signori dell’Agenzia delle Entrate, voi non state tutelando un diritto, bensì state disseminando di ostacoli e trappole il percorso che un qualsiasi vostro dipendente volesse compiere per aderire ad una Associazione senza fine di lucro, e nella stessa svolgere gratuitamente la propria attività, in spazi temporali extra lavorativi, di utilità sociale generale o anche per specifici target ovvero pure per i soli associati. Non vi mancano certo il modo e gli strumenti per verificare i comportamenti corretti o meno ed eventualmente sanzionarli, dei vostri dipendenti, ma per “non buttare il bambino insieme all’acqua sporca” è opportuno che vengano elencati e normati i casi specifici, evitando una offensiva identificazione di fatto del benemerito Terzo Settore quale “area a rischio”.

Che dire in conclusione, dopo aver letto quanto di inopportuno, incongruo, inquietante, ha scritto l’Agenzia delle Entrate nel luglio 2022, occupandosi prima del Made in Italy e poi del Terzo Settore-Associazioni senza fine di lucro, se non richiamarla allo svolgimento severo della propria azione di contrasto all’evasione fiscale, per la quale principalmente esiste? Aggiungendo un caldo invito al Governo tuttora in carica ed ai futuri Parlamentari a vigilare affinché siano rispettati i diritti dei cittadini in ogni ambito lavorativo e non vengano frustrate le potenzialità ben note del Made in Italy e del Terzo Settore, per la crescita economica e la tenuta sociale del nostro Paese.