1) L’irrilevanza  dei cattolici                                                                                                                      

Per chi ci ha fatto caso, la notizia circolata tempo fa sull’elezione di Mara  Cartabia a presidente della Corte costituzionale, non è stata soltanto quella di essere la prima donna a ricoprire tale autorevole e prestigiosa carica. Ma anche che si  trattava di una “Giurista cattolica”. Il che avrà confortato quanti lamentano l’assenza dei cattolici nello spazio pubblico. Che, se anche presenti, sono comunque appartati e isolati.  Con poca voglia di incontrarsi e mettersi insieme. Diciamo la verità : la notizia sulla cattolicità di un personaggio pubblico non è così frequente. Era già comparsa altre volte, è vero. Per uomini politici, soprattutto. Ma sui media di oggi  che rispecchiano una società in progressiva secolarizzazione, non capita spesso di leggerla o sentirla. Il fatto è che ci stiamo incamminando verso una società multiculturale e interreligiosa. Verso una irreversibile convivenza tra fedi e culture  diverse – neonazionalisti e sovranisti, difensori della terra, del sangue, e della razza permettendo.

In questa epocale transizione , la notizia fa però toccare con mano un vero paradossoSe infatti da un lato non è difficile incontrare  qualificati cattolici che ricoprono alte cariche  istituzionali e molto più frequentemente ci si imbatte in  intellettuali e bravi studiosi cattolici , dall’altro questa loro presenza risulta  personalizzata . Frammentata e sparsa. Irrilevante. Non esiste insomma un visibile, incisivo e laico cattolicesimo culturale di livello nazionale, orientato al politico  e al sociale. E quando lo scoviamo, lo scoviamo rivolto a pochi intimi in spazi e dimensioni molecolari e marginali. Eppure , in questo dirompente passaggio d’epoca , di un laicato cristiano attento alla Polis si avverte  un certo bisogno. Non sono solo i credenti a dirlo. Ma anche una schiera di agnostici e atei-devoti che guarda al Vangelo come fonte irrinunciabile di valori per una futura e pacifica convivenza tra diversi, e come continuo alimento dei diritti umani e della democrazia all’insegna della eguaglianza . Partiti col marchio cristiano  non ne esistono più. Il sindacato di matrice cattolica non ha una sua specificità e , giustamente , si trova unito nella tutela dei lavoratori agli altri sindacati. Lo storico associazionismo cattolico, oggi in crisi e alquanto defilato dai grandi temi epocali, ha sempre operato in contesti ecclesiali ed è servito a formare classe dirigente. E le tante associazioni di volontariato hanno altri meritevoli ed impagabili  compiti. Insomma grandi, incisive e laiche associazioni cattoliche nazionali non ce ne sono. E’ forse di questa assenza che si è fatto carico il “Manifesto Zamagni” ?                             

Me lo domando retoricamente  sapendo che dietro le quinte si nasconde la nostalgia di un partito politico del passato consegnato alla storia e irrecuperabile.  Interpretato con incredibili voli pindarici e semplificazioni come Manifesto per la rinascita di un partito cattolico, se non della  stessa Democrazia Cristiana. Una nuova Dc da riproporre grazie – come si è banalmente affermato – al sistema proporzionale esistente, e alla errata convinzione che quel 50% di aventi diritto che non va a votare, risulta tutto formato da “cattolici moderati” che non si riconosce nei partiti esistenti. Non sono solo a pensare che se il cattolico coniuga veramente il Vangelo con (questa) società in mano al potere finanziario e ad un liberismo tarato sull’individuo e non sulla persona, tutto potrà essere tranne che moderato. E  mi rende difficile capire chi sono oggi i moderati, anche perché nessun Dizionario di politica serio li contempla. Vorrei infine evitare di supporre che Renzi, dal suo nuovo ‘Centro’ , non sia interessato al Manifesto. In questo stesso giornale si era scritto, tempo fa , che era prudente evitare di pensare al partito politico, in quanto la sua ri-nascita era fuori tempo massimo e non c’erano le condizioni culturali e sociali, necessarie : quelle delle classi sociali, dei ceti medi saliti sul discensore,  e della scomparsa borghesia . E che era molto meglio rivolgersi allo spazio libero del prepolitico e culturale. Uno spazio ancora poco compreso nelle sue potenzialità politiche, e oggi più indispensabile del partito, in quanto spazio, se proprio vogliamo, “prepartitico”. E cioè di tutto quello che sta prima del partito, in termini di esperienze, conoscenze, formazione, comportamenti, “etica della responsabilità” ecc., la cui carenza la sta dimostrando la veloce “Piattaforma Rousseau” per la selezione dei suoi casuali e sprovveduti parlamentari. Qualche anno prima della sua morte, Pietro Scoppola chiacchierando con Giuseppe Tognon sulla “Democrazia dei Cristiani”, dava una precisa idea della laicità e dell’impegno non partitico del cattolico. Alla domanda se fosse possibile    “… conservare o ricostruire una prospettiva politica che veda i cattolici protagonisti”,   ricordando la  Lettera a Diogneto non ha avuto remore nell’affermare  che “…non è mai esistita un’identità politica definitiva per i cristiani e per i cattolici”,  perché il loro impegno non è legato “…alla loro appartenenza  alla comunità ecclesiale” , e perché sarebbe molto meglio indirizzarlo verso una “…strategia dei comportamenti  in relazione ai valori della fede” .

2) Il ‘Manifesto Zamagni’ e una divagazione sulla  “CLI” .                                                                                                                                          

Proprio nel  centenario del “Manifesto” di Sturzo  e dopo i falliti tentativi strettamente partitici di Todi, spunta dunque quest’altro “Manifesto”. Col quale si chiamano  a raccolta quei laici sparsi e disimpegnati, assieme a quel laico associazionismo frammentato nei territori, sensibile alla “Polis del Duemila“ e agli “Argomenti del 2000”.  Ai “valori della fede”. Chiarendo, con  poca convinzione e con un linguaggio ambiguo da parte dei proponenti, che il Manifesto non è teso a  creare un partito politico. Se allora lo scopo non è il partito, l’idea non è peregrina. Potendo aprire serie e stimolanti riflessioni e percorsi. Mi si lasci solo nella convinzione che   se l‘obiettivo finale potrebbe essere una sorta di “CLI” ( Conferenza Laicale Italiana), ‘pungolo’ dei partiti politici italiani, luogo di incontro e di riferimento in grado di fare sintesi delle diverse  e solitarie realtà associative locali , con una sua rivista, un suo sito, una sede, una sua periodica attività convegnistica, l’idea non solo andrebbe sostenuta, ma incoraggiata. Si potrebbe dare ragione a Scoppola. Potrebbero  nascere quel Forum dei cattolici italiani e quella “Fondazione” , suggerite molti anni addietro da Giorgio Campanini. E potrebbero scaturire luoghi di elaborazione e formazione permanente su quell’umanesimo cristiano, sulla ‘carità’ cristiana e sui Diritti dell’uomo che  assieme alla cultura dell’accoglienza non possono essere i partiti politici a gestire. Tantomeno i “Progetti culturali” nelle mani del Presidente della Cei.   “Il partito cattolico  non serve(…) servono i cattolici in politica” dice Papa Francesco. E il  Presidente della attuale Cei , Cardinale Bassetti, aggiunge che “ (… )il Papa non si attende partiti cattolici. Ma per i cattolici occorrono nuovi metodi di presenza”.  Nuovi metodi di presenza  ? Si, proprio così : nuovi metodi di presenza!  Anche perché sul partito cattolico, è buona norma non dimenticare mai la  profetica distinzione sturziana tra cattolici democratici e cattolici moderati , tra cattolici popolari e cattolici intransigenti e  clericali, che ancora oggi distingue mentalità diverse e criteri diversi di mediare il rapporto tra il Vangelo e la storia, tra l’insegnamento sociale della Chiesa e la società. Distinzioni queste che ci aiutano anche a  comprendere le attuali difficoltà di Francesco. C’è ancora da ricordare che le finalità dei partiti politici non riguardano la cultura, la formazione , il prepolitico dei mondi vitali e l’etica dei comportamenti. Né l’antropologia “liquida” e  volatile dei nostri giorni. Ma sono sempre rivolte all’ottimizzazione del consenso, oggi da affidare ad un leader solitario dotato di “pieni poteri”. Possibilmente carismatico. Indispensabile risolutore , anche senza partito, in quella ‘Democrazia del Pubblico ’  che grazie ai media, lo porta in diretto contatto col “popolo”,  come ci ha avvertito tempo fa Bernard Manin.
3
) Le novità
Quali sono allora le novità  per tali ultimi propositi ? Ebbene esse dal  punto di vista della notizia non appartengono al mondo cattolico. Ma lo stesso Zamagni ha chiarito in una intervista che le vedrebbe bene far parte del suo disegno. Se  è destinato a durare , le novità sono quelle del fenomeno Sardine.  Quel bisogno di “Buona Politica” urlato e cantato con educazione in una  piazza totalmente diversa da quella di Salvini. Meno odiosa. Più tollerante e rispettosa del prossimo, anche se “ diverso”. Più accogliente , giusta e solidale verso gli esclusi e i lontani senza diritto di  parola. Quella “Buona Politica” del dialogo e della mediazione insomma, che difende il clima e l’ambiente sulla scia della “Laudato sì” , con una spontanea e creativa libertà di “Vita Activa” nella  “Polis”,  come ci ha ricordato tanti anni fa Hannah  Arendt. Una Buona Politica da leggere fra le righe dei Testi conciliari, declinandola come forma di carità cristiana, che a ben vedere è nelle radici culturali del silenzioso cattolicesimo universale. Sicuramente distante chilometri  dai cattolicesimi sovranisti nazionali : specie di quelli locali da cortile mirati alle autonomie egoistiche. Dalle paure, dalle ansie emergenti e dagli “stress” messi in risalto dal Censis. Più certamente lontana dall’“Uomo Forte” oggi evocato con incosciente leggerezza e preoccupante seguito, che non ha mai fatto parte del bagaglio culturale del cattolico democratico e popolare, e totalmente  sconosciuto a quei Padri Costituenti cattolici che ci hanno regalato la Costituzione.