Ci sono amici dell’area DC che, novelli Farinata, sembrano tenere “in gran dispitto” il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, quasi ancor di più del suo governo giallo rosso. Forti delle ricorrenti note del prof Cassese l’accusano di ogni nefandezza costituzionale per aver assunto “pieni poteri” in questa fase delicata della pandemia da Corona virus 19. E’ vero, ci sono state limitazioni di molte nostre libertà e assunto decisioni mai sperimentate prima nella storia repubblicana, atteso che “l’avvocato degli italiani” ha dovuto interpretare un ruolo nelle condizioni che non erano mai accadute ad alcuno dei suoi predecessori dal 1948 in poi.

Da parte mia continuo a considerare Giuseppe Conte, catapultato dal M5S alla guida di due governi, quello giallo verde prima e quello attuale con il PD di Zingaretti, Italia Viva di Renzi e la Leu di Speranza e Bersani, come “il miglior fico del bigoncio” del governo; un superlativo relativo e non assoluto che, pure, ci starebbe se rapportassimo l’avvocato fiorentino con i Casalino, Azzolina, Patuanelli e il fortunato “Giggino da Pomigliano d’arco”.

A me pare, e non solo a me, ma alla maggioranza degli italiani secondo i sondaggi, che il Presidente del Consiglio abbia sin qui svolto con estrema diligenza il suo ruolo. Con il provvedimento varato per la seconda fase pandemica, ha, di fatto, introdotto nella costituzione materiale del Paese quella autonomia differenziata regionale auspicata da tanto tempo anche anche da molti di noi “DC non pentiti”. A parte il solito dissenziente De Luca.

Certo, sui rapporti Stato-Regioni qualcosa si dovrà pur rivedere, dopo l’esperienza di questi ultimi mesi; soprattutto le criticità verificate a seguito della pasticciata riforma del Titolo V tra competenze concorrenti ed esclusive, causa di continui contenziosi, che, durante la pandemia, si sono potuti risolvere solo grazie alla continua mediazione tra Presidenza del Consiglio e governatori delle Regioni.

Qualche amico DC mi accusa di una malcelata simpatia verso il politico fiorentino, pari almeno alla mia avversione più volte espressa nei confronti del suo concittadino, sen Renzi, croce e delizia del governo rosso verde.

Confesso che, prima di pensare al caso di Giuseppe Conte, sono preoccupato e impegnato a concorrere al processo di ricomposizione dell’area cattolico democratica e cristiano sociale. Un progetto che, con alcuni amici, perseguiamo, con enormi difficoltà, disillusioni e cadute dal 2011 ad oggi.

Conte ha dimostrato capacità di guida e di mediazione politica migliori di quelle di diversi suoi predecessori a Palazzo Chigi e, in ogni caso, se nell’Unione europea abbiamo ottenuto alcune delle disponibilità offerteci, come quelle del superamento dei vincoli di bilancio, del MES soft e senza condizioni, del recovery fund in corso di contrattazione, molto si deve al lavoro discreto e puntuale svolto da Conte con Gualtieri, Gentiloni e Sassoli.

Mi chiedo cosa sarebbe accaduto all’Italia qualora a capo del governo ci fosse stato il duo di destra Salvini-Melloni, anti europeisti omogenei alle posizioni estremiste dell’ungherese Orban e dei leader di governo polacchi?

E’ la domanda, sin qui senza risposta che, alle critiche dei mie amici DC “duri e puri”, rivolgo a loro, insieme all’indicazione di una loro proposta politica alternativa credibile al governo Conte.  Al di là di un ricorso immediato, ancorché alquanto improbabile alle urne, magari unificate con quelle dei prossimi rinnovi regionali, cosa prospettano di diverso e alternativo?

Elezioni anticipate nella situazione pandemica tuttora in corso, con un debito pubblico che sfiorerà il 160% del PIL e le conseguenti tensioni sul piano economico e sociale, ritengo siano alquanto improbabili a brevissimo tempo.

Di una cosa, però, sono certo: in assenza di una modifica della legge elettorale, che sarà assai difficile possa essere approvata in tempo utile, permanendo l’attuale rosatellum, quindi con alleanze pre elettorali obbligate, in uno scontro probabile Conte-Salvini, da che parte staranno gli esponenti dell’area politica cattolico democratica e cristiano sociale?

Personalmente resto fedele a quanto abbiamo condiviso e sottoscritto nel patto della Federazione popolare dei DC e, cioè, che: si debba con urgenza costruire un nuovo centro politico cristiano democratico, popolare, liberale e riformista, come il naturale argine alle posizioni radicaleggianti di sinistra e alle posizioni sovraniste e populiste, per affermare i valori democratici e liberali”.

Senza precipitare le cose, intanto impegniamoci a ricomporre l’area politico culturale di nostro riferimento, e dopo, solo dopo, ci porremo il tema delle alleanze.  Accordi che, in ogni caso, si faranno con quanti saranno interessati a difendere e attuare integralmente la Costituzione. Non so se Giuseppe Conte, finita questa sua seconda esperienza di capo del governo, deciderà di continuare il suo impegno nella vita politica, ma, se così fosse: chi vivrà vedrà e se son rose, fioriranno.