Il mondo diventa multipolare. L’Italia ha tutto da guadagnare. Con quale politica? Il centro deve proporsi come zattera.

 

Il centro non deve proporsi come una corazzata in grado di offrire qualunque risposta. Sarebbe ridicolo e finirebbe solo col rafforzare la tendenza all’astensionismo. Bensì come una zattera, forse anche improvvisata ma che bada all’essenziale, per attraversare insieme una tempesta che speriamo breve.

 

Giuseppe Davicino

 

Il preambolo sta bene, il centro pure, Draghi ancor di più, ora e nella prossima legislatura. Ma poi i conti si faranno con guerra e iperinflazione (la banconota da 1000€ esibita da Grillo è tutt’altro che una buffonata) e non si può sapere in quale contesto avverranno le prossime politiche. Per questo credo che occorra lasciar fare a Draghi il suo arduo lavoro. Tutti sanno – lo si vede anche da Marte – che il futuro è dei Brics.

 

E l’avvenire di Stati Uniti ed Europa passa da un ricambio non tanto della classe politica, abbastanza ininfluente, ma dell’élite che in concreto comanda. Un cambiamento che non può che avvenire dall’alto: passare dai fautori del modello unipolare, diretto dai poteri finanziari occidentali, a quella parte di élite “realista”, che capisce che i mutati rapporti di forza permettono all’Occidente ormai solo più di partecipare a una governance mondiale multipolare. Sarà questo un processo doloroso e tumultuoso ma appare inevitabile, bisogna solo sperare che il suo prezzo non sia troppo alto nei confronti della stabilità mondiale.

 

Nel frattempo l’Italia non ha scelta: deve stare con la parte del mondo minoritaria e perdente. Mentre si può imputare a Mussolini, tra le sue tante responsabilità, l’errore (madornale per noi, ma negli anni Trenta la Germania era un po’ la Cina dell’epoca) di aver scelto l’alleanza sbagliata, o quantomeno di non esser rimasto neutrale, non si può, e ritengo non si potrà dire in sede storica altrettanto per l’Italia di oggi.

 

A differenza di allora l’Italia non può scegliere. Siamo legati mani e piedi, come suol dirsi, agli Stati Uniti, dai quali abbiamo anche ricevuto tanto. Per cui, se il presidente del Consiglio fa bene a, e deve, essere, almeno a parole, più papista del papa sui vari dossiers internazionali, credo che questo non sia l’atteggiamento giusto da assumere da parte delle forze politiche che lo sostengono. Almeno il centro, credo, se non vuole scimmiottare i toni non proprio concilianti di Letta e dalla Meloni, dovrebbe cercare di distinguersi.

 

Anche perché il sentire comune percepisce, al di là della pur poderosa propaganda dell’informazione, che non vi è alcun scontro di civiltà, ma solo scontro di interessi tra una ristrettissima cerchia di poteri e la Russia, e che l’Italia, nel nuovo mondo multipolare avrà da guadagnare più di ogni altro in Europa.

 

Dunque, se non si vuole fare rientrare dalla finestra il populismo a cui si chiude giustamente la porta d’ingresso, bisogna trovare il modo giusto per accompagnare l’elettorato, la classe media in particolare, attraverso le difficoltà che si prospettano, non illudendola ma aiutandosi insieme. reciprocamente, a capire l’ampiezza delle cause e dei possibili esiti dello storico cambio di epoca in corso.

 

In questa prospettiva credo che il centro non debba proporsi come una corazzata in grado di offrire qualunque risposta. Sarebbe ridicolo e finirebbe solo col rafforzare la tendenza all’astensionismo. Bensì come una zattera, forse anche improvvisata ma che bada all’essenziale, per attraversare insieme una tempesta che speriamo breve, mantenendo la barra dritta verso ciò che verrà dopo questi anni turbolenti.