Era il 1985 quando Fabrizio Plessi – artista antesignano di ambientazioni multimediali – presentò la sua prima grande antologica italiana “Plessi – Video going” alla Rotonda della Besana di Milano. Infatti, erano gli anni in cui si stavano diffondendo installazioni basate sull’uso di apparecchiature elettriche, software e hardware. L’esposizione (in cui si captava l’ambiguità propria del monitor ed una equilibrata tensione visiva) poteva, a giusto titolo, essere considerata la prima mostra in Italia sul tema. Già precedentemente l’artista emiliano aveva partecipato ad importanti rassegne nazionali ed internazionali che, con scadenza periodica, richiedevano la sua presenza estremamente significativa nell’ambito dell’arte contemporanea. Da allora, egli ha continuato, con maestria e perseveranza, ad esplorare l’uso di sempre nuove tecnologie ed a porre particolare attenzione ai quattro elementi fondamentali (aria, terra, acqua e fuoco). 

Oggi lo troviamo a Venezia (città nella quale ha frequentato l’Accademia delle Belle Arti ed è stato titolare della cattedra di Pittura) dove ha realizzato l’albero del suo Natale digitale a Piazza San Marco (visibile fino al 6 gennaio 2021). L’installazione fa parte del progetto “Natale di Luce 2020” che prevede anche un intervento luminoso alle Procuratie Vecchie e Nuove e lungo Calle XXII Marzo sino a campo Santa Maria del Giglio nonché l’opera “L’Età dell’oro” (un gigantesco mosaico dorato simbolo della rinascita della città dopo la pandemia) sulla facciata dell’Ala Napoleonica del Museo Correr.

 “L’idea per questa installazione – afferma Plessi – è scaturita dal mio grande amore per Venezia: ho immaginato un gigantesco mosaico dorato, che richiama l’oro della Basilica, in cui ogni tassello vive di vita propria. Per la prima volta nel mio lavoro ho fatto sì che il flusso luminoso di ciascun elemento vada in direzioni diverse, andando a creare un intreccio di contaminazioni quale metafora, da un lato, della dinamica delle relazioni interpersonali e, dall’altro, per valorizzare la memoria storica di questa città, luogo di incontro e di scambio tra culture diverse per eccellenza…  Una scultura evocativa che sta a dimostrare come, ancora una volta, sarà la luce dell’arte ad indicare la strada per superare insieme questi tempi bui”. 

L’artista nella sua vasta progettazione ed attuazione ha usato i materiali più diversi: marmo, televisori, videotapes, ecc. Anche questa volta, realtà e virtualità coesistono in un flusso di continuità dell’immagine, mai scontata, sempre differente seppur ripetuta in una modularità tipica del rapporto spazio e tempo, in un gioco di complessa composizione. 

L’opera plessiana è di natura traslata, un flusso di energie simboliche che coinvolgono la quotidianità, una grande zona-immagine che avvolge l’area in cui è stata posizionata, nella classica ambientazione in situ. Un omaggio alla luce ed un messaggio di rinascita. Un ‘faro’ luminoso, composto da oltre ottanta moduli di 1 metro per 50 centimetri che, prendendo la forma di un albero della vita che unisce simbolicamente terra, acqua e cielo, interpreta il senso più profondo del Natale.

L’elemento luminoso, formale e metaforico, propone riflessioni sul presente e, con rimando concettuale, la storia dell’arte del passato. Come non ricordare i grandi Maestri della pittura tonale del Cinquecento; la mescolanza di luce e colore; il rapporto tra Natura ed uomo in opere di artisti come Giorgione; la sperimentazione di tinte tizianesche; il riflesso dell’acqua nel cielo e viceversa, che i pittori di quel periodo hanno cercato di catturare nella ricerca della manifestazione della vita e della bellezza fondata sull’esperienza del reale?

Anche Plessi ricerca la bellezza e, giocando con abilità tra aspetto scenografico, set cinematografico e fulcro d’informazione, rende il luogo espositivo un centro vitale in cui il progetto e l’effimero si animano a vicenda, superando magnificenze barocche e trasvolando su ricordi minimalisti. La trasmissione e la ricezione del fruitore, la composizione del lavoro e l’interpretazione, interagiscono in una dialettica dell’immagine e del messaggio, mentre le forme diventano aspetti molteplici della società, momenti di esistenza, capitoli dell’evoluzione umana su cui fondare il futuro. Una visione poetica e suggestiva in cui cultura e natura, persone e città si incontrano per armonizzare un concetto comune di universalità.

L’ “abete natalizio” crea un mitico rapporto tra mondo e creazione. Una struttura materica che relaziona spazio e tempo con “entità” ricolme di luce, che si diffondono verso l’infinito. Di notte, lo spettatore è coinvolto da bagliori, che escono dai video e penetrano il buio, occupandolo per intero. La luminosità scaturisce da una sorta di “tavolette digitali” (in una metafora, come le tavole di Mosè pronte per essere donate all’umanità) che vivono una sull’altra, rendendo relativa la loro posizione e, conseguentemente, la visione del tutto. Una dinamica fluttuante di vibrazioni dorate. Dagli schermi si sprigiona un’energia radiosa di fasci che si proiettano sullo “schermo” del cielo, mentre astratti ed impalpabili riflessi di pensieri, fluidi di anime e sensori di sensibilità si diramano oltre i rami di un albero, emblematicamente, ancora più vero di quello reale.

“L’uso del digitale – come sottolinea l’autore – in questo contesto diventa emozione spirituale che si esprime nell’unico linguaggio possibile oggi, permettendoci di raggiungere gli altri pur nella distanza fisica.” Ed è proprio così. Poi, con l’immaginazione, si possono creano relazioni mentali e vivere una soggettiva esperienza sensoriale. Anche questa installazione di Fabrizio Plessi è dunque un racconto, una storia che va oltre la visione pura. L’artista, ancora una volta, ha magistralmente reso proprio uno spazio artistico e ideologico, una sublime materialità in cui poterci immergere e far crescere la nostra personale poesia.