Periodicamente si straparla di “partito cattolico”. Poi si chiarisce che non si tratta di “partito cattolico” ma di altro. A esempio, di un rinnovato “partito di ispirazione cristiana”. Poi si corregge nuovamente il tiro sostenendo che non si vuole riproporre la Democrazia Cristiana e né il Partito Popolare Italiano. Ma non si riesce, com’è ovvio, ad uscire dall’equivoco sulla natura e sul profilo del nuovo partito che non si definisce cattolico ma, di fatto, lo è. Il tutto accompagnato dalla litania che è indispensabile nonché necessario promuovere una nuova classe dirigente e non più facce usurate e logore del passato dimenticandosi che poi, puntualmente, i promotori di queste varie ed infinite esperienze hanno comprensibilmente svariate primavere alle spalle. Ma, al di là dei vari protagonismi personali, quello che merita di essere approfondito e’ il risvolto politico della questione. Che era e resta sul tappeto.

Ora, è indubbio che i cattolici democratici e popolari italiani non possono continuare a stare alla finestra contribuendo, così facendo, a rinnegare un modo d’essere che li ha contraddistinti storicamente nella politica italiana. Dal secondo dopoguerra sino alla fine dell’esperienza del Ppi di Mino Martinazzoli con la confluenza nella Margherita prima e nel Partito democratico dopo. Ma questo non è sufficiente per spiegare e giustificare la rinascita tout court di un nuovo e rinnovato “partito cattolico” per l’ennesima, seppur comprensibile, ambizione personale di qualcuno. Un partito, l’ennesimo tra l’altro, non può nascere limitandosi a replicare in miniatura il passato. Perché di questo si tratta e, purtroppo, attorno a questa contraddizione non risolta si spiega l’ormai cronico insuccesso di tutte le innumerevoli sigle politiche ed elettorali che in questi anni si sono succedute non superando mai, dico mai, la percentuale fatidica dell′1%. Ci sarà un motivo, tra l’altro, che spiega l’ormai cronico e permanente insuccesso politico ed elettorale di tutte le formazioni che si sono susseguite in questo ventennio. A cominciare dall’antica formazione di Andreotti e D’Antoni nel lontano 2001 – l’ormai famosa Democrazia Europea – per poi estendersi ad una cinquantina di altri esperimenti che nelle varie elezioni provinciali, regionali, nazionali ed europee si sono sempre schiantate non superando alcuna soglia di sbarramento. Fermandosi, puntualmente, tutte attorno al′1%. E questo al netto delle buone intenzioni e della buona volontà dei vari proponenti che, però, alla fine, non facevano che scimmiottare maldestramente le esperienze del passato che, come noto, non ritornano più con le sembianze dell’epoca che fu.

Eppure, e malgrado tutto ciò, prosegue instancabilmente l’opera ricostruttiva di queste varie esperienze politiche ed organizzative. Che sono più d’una, secondo tradizione. E tutte in conflitto le une contro le altre e tutte destinate, come da copione, ad un matematico e scientifico insuccesso. In quest’ultima settimana ne sono nate altre due. Curiosamente nello stesso giorno e quasi nelle stesse ore con le medesime parole d’ordine e con l’altrettanto medesimo obiettivo politico e culturale. E’ inutile soffermarsi sulla durata e sul successo politico ed elettorale di queste esperienze politiche e culturali. Seguirà quelle che si sono affacciate dall’inizio degli anni duemila sino ad oggi. Anzi, sino alle ultime elezioni regionali ed europee.

Ecco perché quando si affacciano all’orizzonte queste ipotesi – al riguardo sarebbe consigliabile se i vari promotori non accampassero l’avallo per simili operazioni dei vari presuli, cardinali se non addirittura di Papa Francesco – occorre sempre affrontarle e commentarle con la dovuta prudenza e con una cristiana e consapevole pazienza.

Semmai, pur senza interrompere un dibattito interessante e proficuo attorno ad una rinnovata presenza politica, culturale ed organizzativa dei cattolici democratici e popolari italiani, il tema va affrontato nella sua complessità senza dimenticare ciò che è capitato in Italia, non in Olanda o nel Lussemburgo, negli ultimi 20 anni. E questo per evitare di seminare confusione e ingenerare facili illusioni tra i cittadini. Perché, come l’esperienza concreta conferma persino platealmente, si è trattato sempre e solo di sconfitte e di esperienze fallimentari.