Dalle ultime riflessioni di Giorgio Merlo e di Lorenzo Dellai su queste colonne è emersa chiaramente la volontà di costruire qualcosa di nuovo per la politica italiana.

Ce n’è davvero bisogno ora più che mai, soprattutto in ragione di questa nuova alleanza a sinistra tra M5S, PD e LEU in funzione pro Conte.

Dellai ha messo efficacemente in risalto come il PD di Zingaretti, ormai, sia scivolato su posizioni populiste che non appartengono né alla vicenda politica della sinistra storica, né a quel residuo di presunto cattolicesimo democratico che ancora vi alberga in funzione della poltrona ministeriale.

Allora, se questa è la realtà politica italiana, l’invito di Merlo a far decollare un centro politico risulta essere non solo affascinante, ma anche necessario. 

Qualche osservazione, però, occorre pur farla; non tanto per il gusto di distinguersi, ma per aiutare un dibattito che si fa sempre più vivace e sempre più interessante.

L’obiettivo è senz’altro comune; non per appartenenza politica legata al passato, ma per la realtà che sta dinanzi al nostro Paese: un’area di centro è oggi necessaria e vitale per la politica italiana.

Con serenità e con altrettanta umiltà, però, non può essere archiviato il problema della questione identitaria.

Nessuno ha nostalgia per un passato che non c’è più e che non può più ritornare, ma il popolarismo non è stato un incidente di percorso e, dunque, proprio da lì occorre ripartire.

Gli avvenimenti consumatisi tra il 1994 e i primi anni 2000 dovrebbero sviluppare un’analisi sulle responsabilità politiche di una classe dirigente (non tutta) che ha preferito prima di tutto autoproclamarsi tale e poi che ha preferito il potere al dibattito e al confronto, le scorciatoie ad una organizzazione capillare sul territorio, l’ibrido politico alla riaffermazione di principi e valori ancora attuali.

Ecco perché la questione identitaria assume un rilievo fondamentale: riferimenti alti e validi per tutti (credenti e non credenti) sono alla base di un impegno politico laico, ma cristianamente ispirato.  Dalla questione del lavoro, che non può essere un semplice assistenzialismo a 5 Stelle, alla questione dell’ambiente, della vita, dell’agricoltura sostenibile, del primato delle comunità e degli enti intermedi tra società e Stato, dell’economia che non può essere più ispirata al puro e semplice profitto economico.

Sono questi i veri temi che oggi stanno di fronte ad un cattolicesimo democratico e popolare che vuol tornare protagonista sul piano ideale e non del puro e semplice potere.

Del resto, siamo anche avvantaggiati dal fatto che le encicliche dei papi indicano un cammino da intraprendere senza tentennamenti.  Dalla Populorum Progressio di Paolo VI alle ultime encicliche di Francesco vi è quel sottile ma profondo modo di essere del cristiano impegnato in politica.

Certo, il discorso è troppo lungo e non può essere sciorinato integralmente in un articolo, ma vale la pena riaffermare che un nuovo partito di centro non può che nascere da queste motivazioni, privilegiando la cultura dell’ascolto e poi del servizio verso una società, soprattutto giovanile, che va rispettata ma anche rieducata dopo il ventennio berlusconiano.