Al netto dello squallore che ha caratterizzato il comportamento di quei parlamentari e consiglieri e assessori regionali che hanno chiesto ed ottenuto il bonus, quello su cui vorrei invece richiamare l’attenzione è la qualità della nostra classe dirigente politica nazionale. E, nello specifico, quella parlamentare dove, da anni, viene preclusa al cittadino la possibilità di poter scegliere liberamente i propri candidati e futuri eletti. Causa, come ovvio e persin scontato sottolineare, le scelte dei capi partito di potersi scegliere liberamente le rispettive squadre di parlamentari senza sorprese di sorta. Certo, purtroppo dobbiamo ancora continuare ad assistere a questo rigurgito di qualunquismo, di populismo anti politico, di antiparlamentarismo e di nuovo ed ennesimo attacco alla democrazia rappresentativa e parlamentare. Un film ormai troppo noto e collaudato per essere ulteriormente descritto ed approfondito. E che porta acqua al mulino dei 5 stelle.

Ora, al di là di questo clichè e di questa prassi che, purtroppo, continuano a scorrere nelle viscere del paese frutto di una sub cultura che per anni è stata diffusa a piene mani anche dalla stragrande maggioranza degli organi di informazione nazionali e che tuttora viene esaltata ogni qualvolta si presenta l’occasione, resta inevaso un tema che i capi partito, non i leader politici, all’unisono preferiscono non affrontare o trattare del tutto marginalmente. E il tema riguarda proprio la selezione della classe dirigente politica nazionale.

E qui, al di là della propaganda populista e della carica antiparlamentare e antipolitica che l’accompagna, c’è un aspetto che merita di essere approfondito e che, stranamente, ma finalmente, anche alcuni opinionisti e commentatori dei cosiddetti “giornaloni” cominciano adesso ad evidenziare. E cioè, la mediocrità, l’inesperienza, l’improvvisazione, lo squallore e la povertà di larghi settori della classe dirigente politica nazionale sono il frutto e la conseguenza, persin scientifica, del modello di partito che disciplina e organizza attualmente i grandi soggetti collettivi.

Certo, è del tutto inutile tracciare dei confronti con il passato, anche solo recente. Non ci sono i presupposti politici, culturali, etici e financo organizzativi. Là c’erano i leader e non i capi, i partiti erano strumenti politici dove il dibattito e lo scontro erano fisiologici e non patologici, c’era una classe dirigente che veniva selezionata dal basso e non cooptata dall’alto, il progetto politico e di governo maturava attraverso il confronto e non con lo strumento dell’imposizione e del diktat del capo.

E, in ultimo, ma non per ordine di importanza, i partiti erano soggetti pubblici plurali, propositivi e fortemente e autenticamente democratici. Pur senza santificarli e beatificarli anzitempo. Ma con l’irrompere dei partiti personali e del capo da un lato e con una elaborazione politica che si limita ad essere la semplice trasmissione del verbo del capo dall’altro, è scontato che il tutto si riduce ad essere una fotocopia di ciò che predica e pratica il “padrone del vapore”. Su questo versante si è avviato un timido ma incoraggiante dibattito. Un dibattito che però, come da copione, viene ostacolato da rigurgiti brutalmente populisti come quello a cui stiamo assistendo in questi giorni e che, detto tra di noi, porta acqua esclusivamente al mulino dei cultori e dei protagonisti quasi esclusivi di questa prassi, cioè ai 5 stelle. Ma il tema prima o poi è destinato ad esplodere malgrado il vento populista continui a soffiare impetuoso e quasi senza ostacoli.

Ma l’inesperienza, il pressappochismo, l’incompetenza e la mediocrità non possono durare a lungo. Una vera e propria classe dirigente non può non tornare centrale nella cittadella politica italiana. Certo, è indispensabile il ritorno dei partiti politici al posto dei comitati elettorali, la presenza dei leader in sostituzione dei soli “capi” per dirla con Mino Martinazzoli e, soprattutto, il ritorno della politica al posto della sola denuncia moralistica e del populismo arrembante ed improduttivo. Perchè, prima o poi, serve una guida politica accompagnata da una prospettiva e da un progetto politico. Con il solo cavalcare i bassi istinti e le pulsioni più violente si arriva presto al capolinea.