I diari ripercorrono tutto il percorso politico (ma anche giornalistico e manageriale) di Ettore Bernabei. Il “potere” da lui raccontato è strutturalmente diverso dall’attuale: la politica del dopoguerra non presentava l’articolazione di poteri diffusi come oggi, e soprattutto l’economia rimaneva in un ruolo subordinato e di sostegno all’azione politica “pura”. 

Roberto Cetera

Tempi migliori? Tempi diversi. Scorrendo le intense pagine dei diari di Ettore Bernabei curate da Piero Meucci per i tipi di Marsilio—Specchi (Ettore Bernabei il primato della politica. La storia segreta della Dc nei diari di un protagonista) si riaffaccia un mondo che, seppur cronologicamente vicino, è ormai lontano anni luce dalle dimensioni attuali della società italiana e della sua politica. Un intrigante flavour di quegli anni, e del ruolo di “protagonista nascosto” di Bernabei era stato già dato dall’ottimo libro—intervista di Giorgio dell’Arti L’uomo di fiducia del 1999.

 

I diari ripercorrono tutto il percorso politico (ma anche giornalistico e manageriale) di Ettore Bernabei. Dagli anni giovanili a Firenze in vicinanza a La Pira, alla direzione —a soli 26 anni— del Popolo, ai 13 anni trascorsi al vertice della Rai, alla fondazione della casa di produzione cinematografica LUX, ma soprattutto nella lunga militanza nella Dc e al sodalizio forte con Amintore Fanfani.

 

A differenza del libro di Dell’Arti, questi diari offrono ovviamente un racconto in presa diretta, che sgombrano il campo dalle mediazioni narrative proprie dell’intervista in vita. Alcuni ambiti costituiscono, non solo materiale interessante per gli storici, ma spunti di riflessione utili per l’oggi. Il primo — come pure recita il titolo del libro — è quello del primato della politica. Il “potere” raccontato da Bernabei è strutturalmente diverso dall’attuale: la politica del dopoguerra non presentava l’articolazione di poteri diffusi come oggi, e soprattutto l’economia rimaneva in un ruolo subordinato e di sostegno all’azione politica “pura”. 

 

Vi sono alcuni ambiti delle relazioni descritte nel libro, e che hanno visto Bernabei protagonista, che costituiscono materiale sicuramente interessante per l’indagine storica di quegli anni. La gestazione, non lineare, del primo centro-sinistra. E con esso, il formarsi di una possente impresa pubblica, peculiare nella storia economica del dopoguerra europeo. Il rapporto tra pubblico e privato, nell’oscillazione mai compiutamente definita tra liberalismo e solidarismo. La concezione “educativa” della televisione pubblica, principale agente della formazione di una vera identità culturale nazionale. Le tensioni interne indotte dalla guerra fredda, e il “dietro le quinte” della vicenda della crisi dei missili russi a Cuba. Fino al dramma di Aldo Moro, e poi al precipizio istituzionale dei primi ’90.

 

Particolarmente interessante risulta poi, nello specifico del punto di osservazione del nostro giornale, la ricostruzione delle relazioni tra la politica italiana e la Segreteria di stato vaticana, allora fortemente presente nell’orientare l’azione dei cattolici in politica. Relazioni spesso improntate ad una dialettica anche vivace, e che non ha mai visto la Dc impegnata ad un “collateralismo” acritico. Il tutto sovrastato da azzeccate (e molto toscane) pennellate sugli innumerevoli personaggi che hanno incrociato la vita di Ettore Bernabei: politici italiani, statisti internazionali, presuli vaticani, imprenditori pubblici e privati e giornalisti. Nella confidenzialità della scrittura diaristica, le annotazioni di Bernabei evidenziano profili umani a volte inaspettati. Nell’insieme un libro che, ulteriormente all’interesse evidente che può suscitare agli storici, costituisce un’interessante lettura per chi — pur non avendo vissuto quei tempi — voglia comprendere da dove venga questo mondo attuale, così diverso. Non peggiore forse, ma neanche migliore.

 

[Fonte: L’Osservatore Romano – 27 aprile 2022]