Circa 390 morti e 2.359 feriti per terrorismo di matrice jihadista dal 2014 al 2019. È il primo dato che emerge dal Rapporto sul terrorismo e il radicalismo islamico in Europa di React, l’Osservatorio sul radicalismo e il contrasto al terrorismo,

I numeri del fenomeno analizzati.

18 gli attacchi terroristici ed episodi di violenza di matrice jihadista nel 2019: Francia (9), Italia (2), Paesi Bassi (3), Norvegia (2), Regno Unito (1) e Svezia (1), per un totale di 10 persone uccise e 46 ferite.

La maggior parte delle azioni ha visto l’uso di coltelli (76%) e armi da fuoco (18%); solo in un caso (Lione) è stato fatto uso di esplosivi. Un trend in linea con l’evoluzione di un fenomeno che ha registrato in Europa, nel 2014-2019, 120 azioni violente “in nome del jihad”, con 390 morti e 2359 feriti: sette attacchi su dieci si sono concentrati nel periodo di massima espansione dello Stato islamico (2015-2017).

Il 56% degli attacchi è registrato come fallimentare, il 22% è un successo tattico, sebbene nel 78% dei casi sia stato ottenuto un risultato significativo in termini di danni: è questo un grande risultato per i terroristi, perché non mirano solo ad uccidere e ferire, ma a dividere le nostre società e a diffondere odio e intolleranza.

Il Rapporto si sofferma anche sul possibile collegamento tra immigrati e terrorismo: “Dal gennaio 2014, 44 rifugiati o richiedenti asilo sono stati coinvolti in 32 complotti jihadisti in Europa. Sebbene la maggior parte di questi soggetti si sia radicalizzata prima dell’ingresso in uno dei Paesi europei, tuttavia i processi di radicalizzazione avviati dopo l’arrivo in Europa sono divenuti più comuni a partire dall’autunno del 2016. Nel complesso – annota la ricerca – il periodo di latenza tra l’arrivo in Europa e la partecipazione a un’azione terroristica in genere associata allo Stato islamico è di 26 mesi”.