Il revenge porn: considerazioni socio pedagogiche

Un fenomeno inquietante, difficile da controllare, sovraccarico di implicazioni: appare più che mai necessario esaminarne la forza d’impatto.

Secondo una ricerca condotta da ‘Women for Security’, la community fondata da Cinzia Ercolano (CEO di Astrea e membro dell’Advisory Board dell’associazione) che raggruppa le donne italiane che si occupano professionalmente della sicurezza informatica, pubblicata il 19 marzo 2021 dall’Agenzia ANSA – rubrica tecnologia – internet & social, il 90% degli italiani conosce il fenomeno del Revenge Porn, l’88% sa che si tratta di un reato penalmente rilevante, mente il 75% ritiene che lo strumento principale per contrastarlo sia la denuncia all’autorità giudiziaria.

Cos’è il Revenge Porn? Letteralmente significa “pornovendetta”, secondo la definizione dell’Accademia della Crusca, ma più estensivamente consiste in una locuzione che comprende comportamenti tendenti all’utilizzo diffusivo di immagini o video a contenuto pornografico in danno di una o più persone non consenzienti, carpite nell’intimità o estrapolate da rapporti sessuali consensuali, fino ad includere il sexting, ovvero l’invio a terzi di auto-riprese a contenuto intimo da parte della vittima stessa che le consegna spontaneamente o a cui vengono carpite o usate a sua insaputa. Inoltre, riguarda anche la messa in rete di momenti di intimità personale del danneggiato, realizzate ad es. nei bagni pubblici attraverso webcam o riprese occultate, intrusione nel cloud personale). Il fenomeno è stato solo recentemente codificato e integrato nel codice penale come reato, in relazione speculare alla crescita esponenziale e massiva delle nuove tecnologie specialmente tra gli adolescenti, esiste una vasta letteratura di considerazione e di approfondimento della materia,  che discende dalla molteplicità dei casi segnalati e di cui sempre più spesso la cronaca e la saggistica si sono occupate.

Una legislazione mirata è stata finora adottata da alcuni Paesi: Australia, Canada, Filippine, Giappone, Malta, Israele, Regno Unito, Spagna e in 45 Stati degli USA, nonostante il fenomeno abbia rilevanza mondiale, come inevitabilmente accade in una società interconnessa e globalizzata.

In Italia il Revenge Porn è stato studiato come fenomeno specifico, peculiare e stigmatizzato come azione penalmente rilevante a motivo della “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti” e come tale incluso con un emendamento della deputata Federica Zanella – presidente del Corecom Lombardia – nella legge 19 luglio 2019, n. 69 (entrata in vigore il 9 agosto succ.vo) meglio conosciuta come “Codice rosso”, che introduce nuove disposizioni per la tutela contro la violenza domestica e di genere.

La norma inglobata nella legge citata prevede sanzioni nei cfr. di questo fenomeno, stabilendo all’art. 10 che “chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000. La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro danno.

La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale”.

Vanno dunque considerati alcuni aspetti caratterizzanti il reato del Revenge Porn: l’uso deliberatamente strumentale di immagini o video a carattere sessuale nei confronti di una persona inconsapevole che diventa quindi vittima dell’azione diffusiva ma anche il dolo di chi riceve questo materiale pur conoscendone la provenienza illecita e quindi esprime la consapevolezza di recare un danno alla parte offesa. Il Garante per la protezione dei dati personali ha aperto una pagina web dedicata al Revenge Porn e alla pornografia non consensuale, con indicazioni, suggerimenti, riferimenti per la difesa personale.

Se la tutela giuridica interviene a livello sanzionatorio, a livello preventivo l’informazione mediante i canali istituzionali, la stampa, la TV, ma in primis attraverso il controllo genitoriale-parentale e l’azione educativa della scuola, è un efficace strumento per mettere in guardia dalla molteplicità delle situazioni che possono generare situazioni riconducibili a tale fattispecie.

Occorre peraltro considerare che i soggetti a rischio sono i più deboli: le donne e i minori in primis a motivo della vulnerabilità della loro privacy. Molto spesso la cronaca ci riferisce di azioni criminose che si esprimono sotto forma di violenza fisica. Il Revenge Porn può essere un’aggravante che integra la fattispecie di abuso, poiché lo utilizza in modo abietto e strumentale sotto forma di violenza simbolica che reca un danno incommensurabile alla vittima fino a distruggerne o annientarne l’identità personale nella sua unicità irripetibile sotto il profilo psichico, fisico, affettivo e di sentimento, per tutta la vita.

Lo studio dei casi e l’approfondimento antropologico, sociale e culturale consentono dunque di giungere ad una “tipizzazione” del reato per identificare e stigmatizzare i comportamenti illeciti che lo originano: tuttavia va rilevato come in un contesto dove l’uso delle tecnologie ha un’incidenza diffusiva, totalizzante e pervasiva, il Revenge Porn si inserisce in un ambito di comportamenti criminali che comprende altre azioni ad esso propedeutiche: il cyberbullismo, la violenza di genere, l’abuso sui minori, lo stupro, lo stalking, le minacce, il sexting, l’adescamento, la frequentazione di siti pedopornografici, la violazione dei dati e delle immagini private, fino ad esserne una conseguenza e fino al punto di indurre stati d’animo autodistruttivi nella vittima, esposta alla gogna mediatica del totale annullamento della privacy.

La stretta interconnessione con la sofisticata e intrusiva evoluzione tecnologica e i processi di digitalizzazione in atto dovrebbero indurre decisori politici, autorità, educatori e genitori a più di una riflessione: verso quale modello sociale ci stiamo (inconsapevolmente) dirigendo? Quali sono i valori che sottendono la formazione, l’educazione e i comportamenti dell’individuo? Quali limiti bisogna porre al dilagare incontrollato di programmi, filmati, video, immagini a cui gli strumenti informatici ormai alla portata di tutti ci consentono di accedere?

Viviamo una situazione di sovraesposizione al rischio poiché l’utilizzo strumentale e illecito delle tecnologie sfugge al controllo emotivo e razionale: nella vita domestica, nei gruppi dei pari, nel mondo degli adolescenti, nella prevalente concezione predatoria della donna considerata oggetto di cui liberamente disporre, il buco nero del web, l’accesso facile a tutto ciò che è liberamente disponibile creano un gap tra pensiero critico, coscienza e controllo emotivo da un lato e azioni irresponsabili dall’altro spesso sostenute da alcuna valutazione delle conseguenza, senso di impunità, azzardo impulsivo senza freni inibitori. Il fenomeno è particolarmente allarmante ma crescente e diffuso nel mondo degli adolescenti che caricano-scaricano immagini a sfondo sessuale e pornografico, anche personale o del proprio partner e le diffondono in rete sui profili social o utilizzando canali accessibili programmati.

Il danno di queste azioni è incalcolabile, le conseguenze spesso irreversibili, lo stile comportamentale e di vita esponenzialmente compromesso: l’adultizzazione precoce e la disponibilità di dotazioni strumentali sempre più sofisticate abbassano l’età di accesso e il livello di guardia.

La crisi della famiglia e della scuola passano anche attraverso i vissuti emotivi reconditi, come in una sorta di dualismo parallelo tra la legittimazione sociale dell’azione educativa e il mondo sommerso e imperscrutabile delle azioni nascoste.

Il fenomeno è palpabile e non va sottovalutato, altrimenti i processi formativi consapevoli e mirati alla crescita intellettiva e morale delle giovani generazioni rischiano di essere vanificati dal radicarsi di comportamenti devianti e sovraesposti ai limiti della stessa legalità.

Più volte, da più parti, si è sottolineata la necessità di una educazione sentimentale che origini da una solida consapevolezza dei ruoli genitoriali e formativi della scuola, recuperando i concetti di responsabilità, autorità e autorevolezza.

La pirateria informatica, la disinvoltura con cui gli hacker attaccano persino i siti della Giustizia e delle istituzioni, l’esistenza di una malavita che crea vere e proprie organizzazioni criminali finalizzate all’uso illecito dei dati personali, la sovraesposizione mediatica e l’intrusività dei singoli, affetti da patologie mentali o da scopi predatori ma spesso ammantati da un perbenismo di facciata che li rende insospettabili, creano un contesto estremamente problematico e pericoloso, capace di gestire il business dei reati a sfondo sessuale per via informatica, ivi compreso il Revenge Porn, tra tutti uno dei più odiosi perché spietato e vendicativo, un vero killer di vittime inconsapevoli.