Spesso è triste, ma è doveroso ricordare, perché senza ricordo non si conosce la nostra storia e non ci si rende conto del lungo cammino e con quanti sacrifici è stata costruita la nostra attuale Repubblica. Esistono ricordi che richiamano periodi particolari della vita della nostra Nazione, in modo specifico anche quelli accaduti nella Città Eterna. Uno di questi è quello successo il 4 gennaio 1944,  durante i 269 giorni dell’occupazione nazista della Capitale, (dall’8 settembre 1943 al 4 giugno 1944), nel corso della Seconda Guerra mondiale. Infatti furono innumerevoli gli atti di violenza nella città, con morti e deportazioni. I cittadini di Roma, uomini e donne, giovani e anziani, subirono umiliazioni, rastrellamenti, carcere, privazioni, paura, e tanta fame.

Tanti i giorni, di quei nove mesi dell’occupazione militare, ricordano fatti, avvenimenti, tragedie che sono rimaste nel cuore, in modo particolare di chi le ha subite direttamente e indirettamente, per i danni provocati da quella condizione, dove ogni libertà era negata. Il richiamo agli avvenimenti del 4 gennaio 1944, il giorno in cui ci fu quella che venne definita la “ prima deportazione politica”, dal Carcere di Regina Coeli di Roma a Mauthausen, un campo di concentramento nel nord dell’Austria al confine con la Germania, soprannominato “l’inferno dei vivi”. 

Furono deportati  292  romani tra cui undici ebrei, prelevati dal carcere, vennero  condotti allo Scalo di Roma Tiburtina e stipati in un treno merci, composto da 10 carri, con destinazione il campo di Mauthausen, dopo una sosta a Dachau, arrivarono a destinazione il 13 gennaio 1944. Nel famigerato lager, dove furono portati i prigionieri provenienti da Roma, indicato dalla propaganda nazista come “campo di lavoro”, in questo luogo lo sterminio degli uomini avveniva attraverso il lavoro forzato, nella vicina cava di granito, per la consunzione per denutrizione e stenti.

Questo è stato il primo trasporto di deportati politici diretto a Mauthausen: la polizia italiana su cui pesava una grande responsabilità – con questa operazione di rastrellamento – aveva dimostrato di voler tempestivamente obbedire al comandante militare della piazza di Roma, il generale Maeltzer (incriminato alla fine del conflitto bellico per crimini di guerra), ed ai suoi ordini di rappresaglia contro gli attentati nella capitale, che la Resistenza cercava di contrastare la tirannide. Fra i deportati del 4 gennaio 1944, c’erano i nipoti di Badoglio, i fabbri di via della Fornaci, e tante  persone semplici e benpensanti, che rappresentavano  “una Roma che credeva in certi principi che hanno portato a combattere il fascismo e il nazismo.” 

In una pubblicazione di Eugenio Iafrate, dal titolo  “Elementi indesiderabili”, storia e memoria di un “trasporto” Roma – Mauthausen 1944, dedicato alla memoria dei deportati, il racconto e la ricostruzione di una vicenda, che ancora oggi è oggetto di ricerca e di riflessione, per ciò che ha rappresentato l’occupazione  nazista della Capitale del nostro Paese. Alla liberazione  del campo di concentramento nel 1945, i superstiti che tornarono alle proprie case furono una sessantina.

Ogni anno, il 4 gennaio, si celebra al cimitero monumentale del Verano, di fronte al “ Muro del deportato”, sacrario romano delle vittime della deportazione nazista nei campi di concentramento, una cerimonia a ricordo. In quest’anno, che è il 77esimo anniversario della deportazione, hanno partecipato alla commemorazione  l’Aned di Roma (Associazione nazionale ex deportati nei campi di concentramento), l’Anpi, la Comunità ebraica e il Comune di Roma con la sindaca Raggi.

Un ricordo per pensare agli orrori della guerra e un momento per capire sempre meglio il valore della pace.