L’articolo di ieri sugli “Italici” di Fronte al caso Putin-Sassoli ha riportato alla mente i miei rapporti professionali e di amicizia con Piero Bassetti, con cui avevo instaurato una solida comunione di idee proprio sul concetto da lui lucidamente portato avanti ed espresso in un “pamphlet” pubblicato su “Limes” nell’aprile del 1998 (di cui conservo una copia con affettuosa dedica), intitolato “Il mondo in italiano”.

Durante la mia esperienza consolare a New York (1998-2003), non persi mai l’occasione per ribadire, non soltanto ai miei interlocutori ufficiali – Sindaco Giuliani e Governatore
Pataki (ambedue di chiare origini italiane) – ma anche pubblicamente, che la comunità italiana all’estero in senso lato (gli “Italici” cui Bassetti allude) doveva rivolgersi agli
esponenti dell’ “intelligentja” internazionale, agli “opinion makers”, alle classi dirigenti, a tutti i centri di potere multilaterale, alle “global companies grandi e piccole, ai membri attivi delle professioni ed ai centri di produzione intellettuale e culturale per veicolare messaggi politici, sociali ed economici.

Oggi, forse più ancora di ieri, questo messaggio continua valido, quando cioè l’Italia è sempre più inserita in un progetto di “polis” come è quello dell’Unione Europea.
In tal senso, la “scomunica” di Sassoli da parte di Putin e la conseguente iniziativa di cui parli potrebbero essere anche un’occasione per rivitalizzare la comunità “italica” e ricordare al governo italiano che essa
costituisce un “asset”, che purtroppo i vari governi hanno, fino ad oggi, sempre valorizzato poco e male nei rapporti bilaterali internazionali.