Il whatever it takes di Draghi per la pace.

 

La posizione prudente e articolata di Draghi, espressa ieri in conferenza stampa, risulta la più efficace a sostenere la causa della pace e nel contempo ad attutire le conseguenze della guerra sullEuropa. Dal premier una lezione di stile a nomenclature di partiti che paiono tenere più alla visibilità che alla loro credibilità.

Giuseppe Davicino

 

Le dichiarazioni rese ieri dal presidente del consiglio Mario Draghi sui temi caldi del momento, primo fra tutti quello dell’energia in rapporto alla guerra in corso in Ucraina, forniscono, a mio modo di vedere, un’ulteriore conferma della profonda diversità che esiste fra un approccio responsabile, concreto, non ideologico (che a noi piace definire “di centro”) ai problemi di inaudita complessità che abbiamo di fronte, e un approccio per partito preso, accomodante, politicamente pigro assunto da praticamente tutti i partiti di maggioranza oltreché da quello di opposizione.

 

Draghi ha mostrato profonda consapevolezza dei rischi che corre il Paese, sgombrando il campo dai timori circa un possibile immediato embargo al gas russo e cercando ogni spiraglio buono per differire decisioni che metterebbero in seria difficoltà l’economia italiana, compreso quello di un ulteriore approfondimento a livello europeo in cerca di una necessaria unanimità sulla questione decisiva, soprattutto per noi europei, in particolare per la Germania e per l’Italia, delle forniture energetiche dalla Russia, senza per questo trascurare ogni iniziativa utile al cessate il fuoco e alla pace in Ucraina, anzi dandole maggior forza e autorevolezza.

 

 

L’articolata e profondamente equilibrata posizione del premier, sembra stridere, purtroppo, con l’avventatezza, la leggerezza baldanzosa di leaders di partito che inneggiano con tono trionfante a misure dettate dalla propaganda, dall’emotività per le immagini degli orrori senza fine che ci riserva la guerra, senza una adeguata riflessione sulle conseguenze per famiglie e imprese, di decisioni affrettate o inappropriate. Non si devono mai dare giudizi sommari, ma negli attuali partiti, al di là delle buone intenzioni si fatica a trovare spessore politico adeguato al contesto complicatissimo che si è creato, e non si vede come sia possibile riannodare un rapporto di fiducia con i rispettivi elettorati.

 

Quanti non hanno perso il senso della complessità della politica possono trovare però nello stile di Mario Draghi un interlocutore politico solido e autorevole a livello europeo e globale, che offre motivi di speranza alla politica, alle istituzioni e al futuro del Paese.