Ieri nella chiesa di San Gregorio Nazianzeno  in Vicolo Valdina abbiamo ricordato i nostri colleghi defunti nell’anno 2020. Un lungo elenco di nomi, di uomini e donne, personaggi della prima Repubblica, ciascuno di loro con una storia imponente, straordinaria. 

Lo abbiamo fatto per rispettare una tradizione e dare continuità tra passato e presente, proprio quello che taluni vorrebbero cancellare. Ci siamo stretti insieme al celebrante don Francesco Pesce che ha avuto parole significative per tutti noi. L’elenco era interminabile e ogni figura, nota e meno nota, ha svolto un ruolo significativo nelle Istituzioni democratiche. 

La pandemia ha impedito che questi nostri defunti potessero avere la larga partecipazione di quanti ne hanno apprezzato le virtù e le opere. 

Nel leggere i nominativi l’attenzione mi è caduta su Bruno Lazzaro di cui non sapevo della scomparsa il mese scorso. Era una persona gioviale, comunicativa al tempo stesso riservata. Lo incontravo quasi quotidianamente perché abitava a pochi passi dal Senato e dalla Camera che continuava a frequentare con altri colleghi come Riccardo Triglia, già presidente dell’Anci, Alberto Spigaroli, il repubblicano Claudio Venzanzetti. Non era un tavolo di reduci ma di uomini  che avevano servito le Istituzioni  con disciplina ed onore. 

Bruno Lazzaro era un esponente della Dc del Lazio che aveva maturato la ricchezza della conoscenza dei problemi. Era stato eletto sindaco di Nettuno a 28 anni. In quella consiliatura aveva un Eufemi, non del ramo democristiano, ma laico, come assessore. Aveva affrontato i problemi dello sviluppo economico impetuoso con scelte lungimiranti, tra queste vanno ricordate l’idea del Porto turistico  di Nettuno, costruito non senza difficoltà da impregilo dell’ing. Gilardini e il Piano Regolatore comunale. Il ministro dei LLPP  Fiorentino  Sullo garantì la prima tranche di finanziamenti statali. Nettuno anticipò con quella scelta la soluzione delle problematiche che sarebbero emerse su vasta scala con la  forte diffusione della nautica da diporto. Pose attenzione alla realizzazione di infrastrutture primarie come le fognature e i servizi di pubblica utilità. 

Dopo la guida del Comune entrò  nella neonata Assemblea Regionale del Lazio dove fu eletto per tre legislature con importanti incarichi negli assessorati al Bilancio, alla Pubblica Istruzione e alla Sanità e in ultimo alla Presidenza del Consiglio Regionale. Candidato alle elezioni europee del 1989 pur prendendo oltre 120 mila voti di preferenza, fu primo dei non eletti. 

Poi l’elezione al Senato e l’esperienza della legislatura breve, quella della cancellazione della Dc. Rimase orfano, ma il suo cuore era sempre per lo scudo crociato. È in quella fase che i nostri rapporti furono più stretti perché si interfacciava con  la Camera sui problemi quotidiani. Seguiva la Commissione di inchiesta su bnl Atlanta. 

Eppure su Wikipedia di Bruno Lazzaro non troverete nulla, se non scarne notizie. Eppure Bruno Lazzaro insieme a tanti validi amministratori rappresentava il cuore pulsante della Dc quello che portava esperienza, sensibilità, saggezza nella risoluzione dei problemi della Regione e del Territorio. Quella classe dirigente,  oltre i grandi leader,  è stata la forza di un partito la Dc che portava nelle Istituzioni persone, competenti e valide, ricche di passione, capaci di affrontare la decisione politica dopo avere ascoltato gli iscritti nelle sezioni la sera, e affrontato il confronto delle correnti di partito. Era una escalation di competenze nei diversi gradi di governo locale e nazionale. 

Bruno Lazzaro anche dopo l’esperienza parlamentare, abitando a due passi dai Palazzi, della Politica voleva ancora stare dentro i problemi, viverli, parteciparli. Apparteneva a quelle persone che nella riservatezza trovavano il modo per operare concretamente come era nello stile della originaria  corrente fanfaniana.