La cordialità e la pazienza con le quali l’amico, avvocato Cesare Trebeschi, ci ha accolto e trattenuto un intero pomeriggio a casa sua per lasciarci un ricordo e una testimonianza su Piero Padula dissimulavano appena la fatica alla quale la lunga conversazione certamente lo assoggettava.

Ma non ha voluto mancare all’appello, per amicizia e stima nei confronti di Piero, ma soprattutto perché aveva colto l’intento, per usare parole sue, di «non ridurre il ricordo a caramellosa cerimonia». Non ha mai amato la forma vuota, per propensione personale e per capacità di accogliere la lezione di vita della sua personale biografia e dei maestri che ha incontrato sul suo cammino.

Altri tratteggeranno il suo percorso esistenziale, spesso intrecciato al dolore, la scomparsa del padre morto nel campo di concentramento di Gusen, l’amicizia con il futuro papa Paolo VI, la formazione spirituale e culturale, l’impegno amministrativo nei giorni bui della strage di piazza Loggia, in cui perde il cugino Alberto con la moglie Clementina Calzari, la fede robusta di un laico devoto ma non acritico nei confronti di una Chiesa non sempre capace di profezia.

A noi piace serbare e diffondere la memoria di quel pomeriggio dicembrino, la lucidità che via via scioglieva il suo eloquio, i suoi riferimenti aneddotici – nella corrispondenza successiva si schermiva definendoli “divagazioni”- che coniugavano il Palazzo di giustizia con il concetto stesso di giustizia, l’attitudine alle opere con il riportarsi a La Pira. Abbiamo goduto di un incontro alto, un dono proseguito poi nella raccomandazione a dare seguito alla stesura di un profilo per farne mattonella di un percorso più ambizioso e prospettico, sul quale l’ideale cattolico-democratico possa procedere ancora. Nella mail con cui, per motivi di salute, declinava l’invito ad essere con noi alla presentazione del libro, ci ammoniva: «il vostro vero compito, pagato il debito di amicizia, comincia ora, proprio per un dovere di fedeltà all’impegno di Piero».

E anche in seguito, rivolto a tutti noi amici dell’Associazione, ci ha spronato ad alimentare la vocazione al servizio a favore della comunità e a sorreggerci l’un l’altro, rammentandoci che «insieme il cammino è più agevole».

In un suo scritto di quasi quarant’anni fa (anche a questo abbiamo fatto cenno in quell’intenso confronto), Apologia del mugugno, Cesare Trebeschi indicava il protomartire Stefano come modello di testimonianza in mezzo al popolo, per le sue qualità, quelle per le quali viene eletto diacono: pienezza, impegno totale, disponibilità all’invasione dell’Eterno. Caratteristiche che abbiamo respirato in quella chiacchierata e che oggi certamente rifulgono in lui nella vita completa a cui il Signore lo ha chiamato.

 

Per l’Associazione “Amici di Piero Padula”

Ennio Pasinetti             Franco Franzoni