Incubo debito per Pechino. Grava una minaccia seria sulla stabilità del gigante asiatico.

Per gli effetti della pandemia, nel 2020 è arrivato al 280% del Pil. L’indebitamento “nascosto” dei governi locali minaccia la stabilità finanziaria. Il governo reagisce bloccando gli investimenti nelle infrastrutture. Da valutare l’impatto economico della stretta governativa su giganti hi-tech e scuole private.

Crescono in Cina i timori per il livello del debito nazionale. Nonostante la ripresa economica dal Covid-19 registrata nella seconda metà del 2020, lo scorso anno il Paese ha accumulato debiti pari al 280% del prodotto interno lordo. Secondo i dati della Banca popolare cinese, nel 2019 il rapporto era del 255%.

Per diversi osservatori, il debito è in realtà molto più alto: le cifre ufficiali non contemplano l’indebitamento dei governi locali effettuato fuori bilancio. Come riportato dal South China Morning Post, Wang Zhaoxing, ex vice presidente della Commissione nazionale per il controllo di banche e assicurazioni, individua nei prestiti fondiari (non restituiti) e nel debito “nascosto” delle autorità locali una potenziale minaccia alla stabilità finanziaria del Paese.

Per favorire la crescita, la Cina ha puntato negli ultimi 30 anni sugli investimenti nelle infrastrutture. La necessità di tagliare il crescente debito, mentre il Paese è ancora alle prese con la pandemia da coronavirus, spinge le autorità centrali a rinviare alcuni progetti infrastrutturali, soprattutto quelli autorizzati dalle amministrazioni locali. Molte province sono infatti a rischio bancarotta, impoverite dal calo delle entrate fiscali seguito alla crisi sanitaria.

Nel 2017 Pechino aveva fissato per il debito nazionale un tetto del 250% del Pil. Lo scoppio dell’emergenza Covid-19 ha fatto cadere i suoi piani. Per stimolare l’economia, lo scorso anno il governo ha varato un piano di stimoli da 3.600 miliardi di yuan (471 miliardi di euro), esborsi che hanno aggravato la situazione debitoria. 

L’emergere di nuovi focolai di coronavirus minaccia il recupero economico del Paese, che continua a rallentare. Pesano anche gli effetti delle forti inondazioni che stanno colpendo la Cina centrale e l’aumento dei prezzi delle materie prime. Nel breve-medio termine è da valutare anche l’impatto della campagna governativa per regolare le attività dei giganti tecnologici nazionali (inclusa l’industria dei videogame). Come quella per il controllo delle scuole private che offrono corsi post-scolastici: un business da 102 miliardi di euro nel 2019, dato in crescita a 131 miliardi nel 2025.