Buongiorno a tutti, 

desidero rivolgere innanzi tutto un cordiale saluto e un ringraziamento a sua Eminenza, card. Vincenzo Paglia per il cortese invito, salutare i membri dell’Accademia Pontificia per la Vita, gli illustri relatori e tutti voi che avete promosso ed animato questo importante appuntamento. 

Viviamo un tempo di forti cambiamenti e di grandi sfide. L’avvento dei nuovi mezzi di comunicazione, della rivoluzione digitale e, in generale, di quella che viene definita intelligenza artificiale, ci sta offrendo straordinarie opportunità ma, al tempo stesso, sta modificando radicalmente anche il nostro modo di agire e di essere. 

Fino ad oggi la ricerca e l’innovazione sono stati strumenti che hanno consentito alle nostre società di progredire e di raggiungere grandi traguardi accrescendo il benessere dei cittadini. Negli ultimi anni si è verificata un’accelerazione dello sviluppo tecnologico, una vera e propria rivoluzione che ha avuto e sta avendo tutt’oggi un fortissimo impatto sia sul piano economico e sociale. 

La robotica e l’intelligenza artificiale sono una nuova possibilità per affrontare le sfide della nostra società dei prossimi decenni: reti energetiche ottimizzate, produzione sostenibile, agricoltura di precisione, capacità di governo dell’economia e della finanza, uso misurato delle risorse. 

Benefici e manipolazioni, però, possono correre di pari passo e non avere confini.  

Utilizziamo l’intelligenza artificiale nei trasporti dove, attraverso una semplice applicazione sui nostri smartphone, si possono prevedere le condizioni del traffico in strada o addirittura guidare veicoli autonomi; la utilizziamo per tracciare il nostro consumo di acqua e di energia oppure, in ambito sanitario, per elaborare enormi quantità di dati che ci aiutano a curare alcune patologie e individuare le migliori prassi per prevenirle. 

Come tutti capiscono l’intelligenza artificiale può consentire anche la concentrazione di enorme potere a scapito dei più vulnerabili.  E gli algoritmi considerare gli essere umani semplici strumenti dei processi di razionalizzazione, efficientamento e redditività. 

Lo sviluppo della robotica e dell’intelligenza artificiale, insieme ad una comunicazione digitale globalizzata e alle potenzialità delle reti, ci pongono interrogativi di straordinaria ampiezza che richiedono una riflessione approfondita e soprattutto una capacità di leggere i cambiamenti con lungimiranza e grande senso di responsabilità. 

Signore e Signori, 

quella che può essere definita come una “quarta rivoluzione industriale” – dopo quella del vapore, dell’elettricità e dell’automazione – implica che, sulla base di dati e degli algoritmi che ne derivano, sia la tecnologia stessa ad avere capacità predittive sulle attività umane. È una rivoluzione che ha stravolto i nostri modelli di sviluppo e che deve essere accompagnata ed orientata ad accrescere – e non a diminuire – i nostri diritti di cittadinanza sociale, politica, economica e tecnologica. 

Un nuovo mondo impone nuovi ritmi. 

E la nuova epoca nasce da progressi tecnici realmente unificanti da rendere la scienza capace di toccare nel profondo valori che pensavamo consolidati e diffusi. 

 

La digitalizzazione e l’automazione stanno cambiando profondamente il nostro modo di vivere e il modo in cui ci rapportiamo con la società. Le domande si susseguono e  le risposte impongono grande responsabilità.  

Come evitare che la rivoluzione digitale sia foriera di maggiori disuguaglianze in termini di diritti?  

Come consentire al mondo dell’istruzione di essere all’altezza di queste sfide? Come possiamo garantire ai giovani un equo accesso ai processi produttivi? 

Come riusciremo a bilanciare la perdita dei posti di lavoro, determinata dall’avvento delle nuove tecnologie, con le nuove opportunità lavorative? 

Alcuni anni fa lo scrittore Isaac Asimov affermò che un “robot non può recare danno all’umanità, né permettere che, a causa del suo mancato intervento, l’umanità subisca danni”. 

Oggi più che mai, abbiamo bisogno di elaborare politiche che consentano di cogliere i frutti del progresso tecnologico e garantire, al tempo stesso, il rispetto di quegli standards sociali che rappresentano per tutti noi conquiste irrinunciabili. 

Nella nostra società contemporanea, l’intelligenza artificiale, che nasce dalla composizione e scomposizione di un insieme di algoritmi, è ormai parte integrante della nostra vita quotidiana, ma è bene ricordare che l’intelligenza non può essere disgiunta dal pensiero umano e dalla coscienza delle persone, nonostante il concetto di relatività sia insito nell’esperienza scientifica. 

Cercare di capire gli effetti delle grandi trasformazioni può consentire di non venire travolti da un individualismo sfrenato,  incline a provocare grande solitudine e anche nuove emarginazioni.   

Di fronte alle incognite che ci pone questa stagione di grandi trasformazioni occorre grande trasparenza. Per farlo serve  coinvolgere attivamente le opinioni pubbliche, i parlamenti nazionali, le nostre università, il mondo del lavoro e dell’impresa in  sviluppare un’attenta riflessione sulla regolamentazione pubblica. Per l’Unione europea è una sfida decisiva per Eleonora re e adottare requisiti comuni sui nuovi confini tecnologici e misurare l’impatto sul rispetto dei diritti fondamentali.

 L’opera di regolamentazione europea  – dai dati alla privacy – produce in questo momento storico una positiva reazione nei processi di globalizzazione, che è bene sostenere. Quello che accade da noi, d’altronde, ha una immediata reazione fuori dallo spazio europeo.   

Se l’Unione europea sostiene da sempre politiche a favore della ricerca e dell’innovazione, tuttavia il Parlamento europeo ha il dovere di proteggere ancora di più i cittadini per  l’impatto che possono determinare le nuove tecnologie. 

Durante la scorsa legislatura il Parlamento ha chiesto alla Commissione europea di aggiornare e integrare il quadro giuridico dell’Unione con chiari principi etici che tengano in considerazione e non sottovalutino il fattore umano, poiché i nostri cittadini devono avere la possibilità di controllare i propri dati, di proteggere la propria privacy e di saper discernere le informazioni che ricevono. 

La Commissione europea ha raccolto questa richiesta e ha presentato di recente un Libro Bianco sull’Intelligenza artificiale – incluse le sue implicazioni sociali – che darà il via ad un dibattito su scala europea. Insieme al Libro Bianco, la Commissione ha presentato, inoltre, una strategia per promuovere l’accesso ai dati non personalizzati per le grandi, piccole e medie imprese, nella garanzia del rispetto della sfera  privata. 

Toccherà ora al Parlamento europeo esaminare questi testi con grande attenzione nei prossimi mesi. Daremo il nostro contributo alla riflessione aperta su come l’Europa possa diventare allo stesso tempo leader mondiale di questa trasformazione e rimanere un modello globale nella tutela dei diritti e della dignità delle persone. 

La rivoluzione digitale sta cambiando in profondità i nostri stili di vita, il nostro modo di produrre e di consumare. Abbiamo bisogno di regole che sappiano coniugare progresso tecnologico, sviluppo delle imprese e tutela dei lavoratori e delle persone, democrazia. In uno scenario nel quale l’incertezza sembra ancora prevalere è necessario sostenere politiche di riorientamento al lavoro investendo molto di più nella formazione permanente. 

In questo senso, l’Europa può essere veramente utile ad un mondo che non ha regole, ma deve trovare regole nuove.

La nostra sfida è questa: in che misura consentiamo a queste tecnologie di svilupparsi e condizionare la nostra vita. 

Senza regolamentazione l’intelligenza artificiale  può essere un rischio che può compromettere non solo la protezione dei dati personali, ma anche accrescere il divario digitale in termini di accesso e conoscenza. 

Un sistema di intelligenza artificiale affidabile non deve pregiudicare i diritti fondamentali e per questo è necessario creare valutazioni di impatto preventive, promuovendo un approccio incentrato sull’uomo, l’unico che può governare consapevolmente le azioni e le decisioni prese da un sistema artificiale.

Abbiamo bisogno di più scienziati dei dati (data scientists), più ingegneri e più filosofi per comprendere effetti a lungo termine. È necessario lavorare per coniugare la ricerca e l’innovazione con la tradizione umanistica su cui si fondano i diritti fondamentali fissati nella Carta Europea dei Diritti Fondamentali.  

È nostro dovere garantire, inoltre,  che la tecnologia sviluppata sia sicura, che le responsabilità siano chiare, che l’uomo possa comunque controllare le decisioni. 

Come ha detto il prof. Benanti “se vogliamo che la macchina sia di supporto all’uomo e al bene comune, senza mai sostituirsi all’essere umano, allora gli algoritmi devono includere valori etici e non solo numerici.” 

Per queste ragioni abbiamo bisogno di fare sistema, di creare alleanze e di sviluppare nuove metodologie. Dobbiamo lavorare per sfruttare al meglio le opportunità che offre la Quarta rivoluzione industriale, sapendo che se non la governeremo saranno gli algoritmi a governare noi.

Per fare questo serve lavorare affinché l’Intelligenza artificiale si sviluppi in un quadro giuridico adeguato che sia in grado – come ha affermato mons. Vincenzo Paglia – di accompagnare tutto il ciclo della elaborazione delle tecnologie: dalla scelta delle linee di ricerca fino alla progettazione, la produzione, la distribuzione e l’utente finale”. 

Le opportunità della scienza possono condurre ad un processo di unificazione della vita cui fa riscontro l’unificazione del sapere. Sui dati scientifici gli uomini tendono a incontrarsi. Lo sosteneva anche Leonardo Da Vinci quando sosteneva che l’esperienza scientifica ha la capacità di far cessare ‘il letigio’ degli uomini… Noi vogliamo che il litigio cessi anche in una condivisa difesa dei valori fondamentali della persona e della sua libertà. 

In questo lavoro c’è bisogno del contributo di tutti, e  certamente il personalismo cristiano può ancora dare un sostegno decisivo.  

Grazie.