Intervista postuma a S.E. il Card. Carlo Maria Martini nell’anniversario della sua scomparsa.

La via del silenzio è irrinunciabile. Quanto più crescono le responsabilità, tanto più cresce il bisogno di tempi di silenzio

Eminenza Reverendissima, quale arricchimento spirituale ha tratto dall’esperienza in Gerusalemme, ripercorrendo i passi della vita di Gesù?

Gerusalemme è una città piena di motivazioni e di grandi simboli. Soprattutto
impressiona la scelta fatta da Gesù di una presentazione di sé umile e debole, fino
alla morte di croce. Ma Gerusalemme è anche la città della risurrezione, di quel
grande scoppio dello Spirito che arriva fino a noi e ci fa rivivere la Pasqua.
Il cristiano riceve dall’amore pasquale, presente nell’eucarestia, un messaggio di
speranza, che lo rende incrollabile anche di fronte ai pericoli e alle sconfitte. Egli
entra nelle esperienze di sofferenza e di dolore con l’intento di superarle; ma le
supera, anzitutto, chiedendosi come, entro questi fatti, l’amore può produrre
pazienza, fede, coraggio, perdono.

Come fede, speranza e carità ci possono aiutare ad affrontare gli affanni e le difficoltà della vita terrena, specie nelle situazioni umane ricorrenti di solitudine e abbandono?

Le tre virtù teologali corrispondono alla inabitazione della Trinità in noi e ci aiutano a superare il senso di solitudine. Dio è con noi e in noi.
L’amore di Dio resiste a grandi prove, non viene meno con facilità. Spesso con le persone si verifica l’opposto. Prendono spunto dalle debolezze dell’altro per volgergli le spalle. Dio direbbe: hai tante debolezze che credo tu abbia un particolare bisogno di me e io ti amo in modo speciale.
In questa nostra epoca travagliata ma ricca di potenzialità e fervore può essere ancora utile per la Chiesa – nella sua dimensione ecumenica ed universale – l’intuizione conciliare di Papa Giovanni XXII: “fare un passo avanti”, per capire, aiutare, guidare l’uomo a tracciare una rotta nuova e coerente con l’approdo finale?
Molte delle intuizioni di Papa Giovanni sono ancora oggi utili e necessarie. Occorre non avere paura della “modernità” o “postmodernità” e trovare la via evangelica che ci è riservata. Il tempo per ogni creatura umana è un tempo breve, urgente, che passa e non
torna. E in questo tempo fugace si gioca la riuscita della nostra vita, l’eternità, la
nostra scelta per il sempre. Un tempo breve, urgente, anche per il mondo che
cambia, intorno a noi. La Parola di Dio ci richiama ad una dimensione essenziale
del vivere: quella della provvisorietà. Pellegrini ogni giorno. Forestieri in ogni
luogo.

Allora, di fronte alla precarietà della condizione umana, al disorientamento sul cammino e sulla meta, alle incertezze del vivere, vale l’invito di Giovanni Paolo II: “non abbiate paura, aprite anzi spalancate le porte del vostro cuore a Cristo”. Questo richiamo coraggioso può diventare un percorso di redenzione universale? Come possiamo praticarlo ed esserne testimoni presso gli altri fratelli?

Può diventare un percorso a patto che si prenda alla lettera la parola “Cristo”. Non si tratta di consolazioni o incoraggiamenti, ma di “prendere su noi il suo giogo soave e il suo peso leggero”. Si tratta di cambiare radicalmente la nostra mentalità e le nostre abitudini; si tratta di convertirci a un vero costume cristiano nella vita di tutti i giorni; in famiglia, sul lavoro, con tutti. La vita mi ha mostrato che Dio è buono e fa molto di più di quanto potremmo aspettarci. Egli non smette mai di invitarci a collaborare per costruire un mondo più pacifico”.

Eminenza, in che misura la via del silenzio, della meditazione e della preghiera può essere fonte di rivelazione e di incontro con Dio? È questa la strada che conduce alla gioia dell’incontro con Gesù fino a dare voce alla Sua parola rivelatrice?

Francamente se dovessi dire alla fine della mia vita qual è il fondamento razionale della preghiera, non saprei dirlo. Prego perché Gesù ha pregato, prego perché il Signore ci invita alla preghiera, prego perché la preghiera è un mistero che ragionevolmente non sembra spiegabile. La preghiera ci mette nel cuore di Dio, nella sua mente, allarga la dimensione dello spirito. Nella preghiera sincera talvolta sgorgano delle lacrime: queste lacrime sono benedette quanto un battesimo, dobbiamo pregare per ottenere il dono delle lacrime. Una lacrima di pentimento scioglie la durezza di cuore e irriga la pianura desolata della nostra anima. La via del silenzio è irrinunciabile. Quanto più crescono le responsabilità, tanto più cresce il bisogno di tempi di silenzio. E d’altra parte la parola è un dono che comprende l’imprevedibilità appassionata di Dio e che ci coglie nella nostra sprovvedutezza. Soltanto così si rivela come parola vivente, che ha da dirci qualcosa di nuovo che non conosciamo ancora, se ci mettiamo di fronte ad essa in reale ascolto.

Se allora il silenzio è momento che precede o segue la Parola e le dà frutto, dobbiamo porci in atteggiamento di perenne ascolto, farci ‘attraversare dalla parola di Dio, affinchè ci rinnovi il dono della verità….
E se dunque viviamo in questa costante ricerca della verità e dobbiamo disporci di fronte alla vita come fosse un antico dattiloscritto per decifrarne il messaggio, facendolo con amore per la vita stessa e per gli uomini, quanto conta allora “affidarci” a Gesù, Via, Verità e Vita?

L’affidamento a Gesù non contrasta con la ricerca della verità, ma le fa luce e dà conforto. Perché partecipare al corpo di Cristo significa avere da lui e per sua grazia un cuore dedito, umile, capace di dividere non solo il pane del cielo bensì il pane della terra, capace di donarsi fino alla fine. Solo in tal modo potremo percorrere le strade che fanno di noi e della chiesa un solo corpo. Bisogna essere penetrati dal mistero di Gesù: Gesù ci parla chiaro e questa chiarezza è segno della sua luminosità. Certe volte noi parliamo in modo oscuro perché abbiamo l’oscurità dentro di noi: chiediamo dunque al Signore di fare in noi chiarezza e di parlare semplicemente delle cose di Dio. Perché il nutrimento della Parola illumina la direzione dell’itinerario spirituale dei credenti.

“Anche nella notte buia di un uomo ramingo e fuggiasco c’è un’attenzione del cielo per lui”. Da grande conoscitore dell’animo umano, di fronte alle tensioni e alle inquietudini del tempo presente, di cui è attento e partecipe osservatore, Lei offre il solido riferimento della Scrittura interpretata con uno stile capace di toccare le corde più profonde del cuore di ogni persona. Quale futuro avrà la Chiesa sarà povera o estetica, darà il primato alla parola o al potere?

La nostra appartenenza al popolo di Dio non è un privilegio che ci separa dagli
altri, bensì una sorgente di responsabilità nei confronti di tutti gli uomini che
dobbiamo indistintamente accogliere come fratelli. La nostra Chiesa oggi è un po’ timorosa nell’aiutare chi si allontana; è precisa nel delimitare i limiti, ma non tanto coraggiosa nell’ offrire una mano a chi è fuori dai confini. Invece, noi dobbiamo passare annunciando il regno di Dio e il messaggio della Grazia di Dio, cioè della sua Misericordia a tutti coloro che tornano a Lui. Il cuore di Dio è immenso e ‘qualunque cosa esso ci rimproveri, Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa’ – 1 Giovanni 3, 20. Sarebbe bello se un prete andasse sul pulpito e dicesse: ‘Ringrazio Dio perché ci siete, ringrazio Dio per la vostra fede, pazienza, perseveranza’. Preghiamo dunque perché la nostra Chiesa cresca nella conoscenza dei grandi doni di misericordia che le sono dati”
La Chiesa sarà anche quale noi la faremo. Speriamo che dia spazio alla Parola e sia davvero povera, cioè disposta a lavorare gratuitamente e con disinteresse.

Eminenza, mi piacerebbe concludere questo colloquio chiedendoLe un messaggio di conforto per chi soffre e una parola di speranza per i giovani.

Ripeterei le parole di Paolo:“non c’è proporzione tra i patimenti di oggi e la gioia che
ci è promessa per domani” . Ai giovani direi: c’è bisogno di voi, non tiratevi indietro!
Io mi aspetto il rinnovamento soprattutto da parte dei giovani.
La parola di Dio è promessa, è promessa anche per me, che si traduce nella
formula: io sarò con te, io sono con te. Attualizzare in noi la parola di Dio come
promessa è fondamentalissimo per ogni scelta di vita, fosse pure la più difficile.
Quante volte ho incontrato giovani che, per una disgrazia, per una malattia
insorgente, si trovano a vivere in carrozzella e ho avuto la gioia di vedere che la
parola di Dio come promessa è divenuta per loro una nuova ripresa di vita: io sono
con te. La promessa del Signore ha illuminato la loro esistenza in forma
straordinaria. Tutto è dono.