Ho sempre pensato che John Lennon abbia avuto un certo coraggio a scrivere una canzone come Imagine, una sorta di preghiera laica che invoca l’utopia cristiana. Certo, no heaven e no hell, ma a ben vedere si invoca un mondo di fratellanza, di solidarietà e di pace non lontano da quello del rabbi di duemila anni fa. E del resto, oggi, anche i cristiani, oltre a non credere più all’inferno, non hanno le idee chiare sul paradiso, se non come la realizzazione, almeno sul piano spirituale, proprio di ciò che invoca l’ex Beatle. In sintesi, una sorta di pienezza dell’amore.

Ma perché un cantante e un compositore come lui è passato da banalissime canzonette di sentimenti banalissimi a prove d’autore di un certo spessore? Sicuramente perché è figlio degli anni sessanta e di tutto ciò che quel decennio ha trasmesso a una intera generazione; sicuramente perché é influenzato dalla cultura beat, allora molto diffusa, e da Bob Dylan in particolare (Shows the way disse di lui); sicuramente dalla voglia di primeggiare tra tutti i cantanti inglesi con le sue stesse idee.

Sicuramente, va aggiunto, perché é determinante il rapporto con una donna creativa come Yoko Ono, la sua compagna ma soprattutto la sua musa. Molti della mia generazione l’hanno detestata perché ritenuta responsabile dello scioglimento del quartetto, ma anche se ciò fosse in parte vero, a lei si deve la rinascita di un autore altrimenti non eccelso (nei testi intendo). 

Se non altro si è dimostrata maestra di comunicazione. Ciò che poteva apparire insignificante, disperso nella marea delle innumerevoli espressioni contro la guerra e per un mondo più libero e più solidale, diviene con il tandem Lennon-Ono rilevante agli occhi di milioni di giovani di tutto il mondo. E questo è un capolavoro.

John a questo punto non è condizionato e coercizzato dalla musa-arpia (come in molti pensammo allora), ma si è davvero liberato e non ha remore nell’esprimere una creatività fino ad allora inespressa in modo totale. Certo il rischio di rasentare il facile e orecchiabile ritornello, quasi infantile, non abbandona mai le sue nuove canzoni, ma proprio questo le rende universali, accessibili a tutti. 

Il messaggio è semplice e immediato: Give peace a chance, Power to the people, Woman, Happy Xmas, Working class hero, God, Mother, Mind games sono tutti brani con un messaggio chiaro e immediato. Sia il pacifismo, sia il “populismo”, sia il femminismo, sia il laburismo, sia l’ateismo, sia la psicanalisi sono semplificati nella loro essenza, ma esaltati nel nocciolo della loro verità. E’ il linguaggio di un’epoca forse ingenua, ma esaltante, che oggi non c’è più, annientata dal disincanto diffuso, dalla morte, più che delle ideologie, degli ideali.

Ecco, John Lennon resta a ricordarci che l’essenza umana aspira a qualcosa di superiore e anche quando ciò resta confinato nel mondo del visibile e del conosciuto, inevitabilmente si proietta verso un empireo ultraterreno, dove il sogno ha la stessa rilevanza della realtà, dove il desiderio di amore non ha confini. I hope some day you’ll join us and the world will be as one. Ecco Lennon proietta l’ideologia verso l’utopia. Oggi ne abbiamo bisogno e lui ce lo rammenta con dolci ballate.