Sono arrivate le mascherine.

Ho potuto acquistarle nella farmacia sotto casa ed anche il negozio di ferramenta sull’altro marciapiede della strada ha tolto della vetrine il cartello “mascherine esaurite”.

Eppure  sconti e polemiche sull’argomento si ripropongono ogni giorno sui quotidiani ed ogni sera nei mille programmi tv dedicati alla pandemia da covid19.

Tutti, dai medici ai politici, dai farmacisti ai soccorritori del 118, fino ai cittadini comuni,non c’è nessuno che ancora  non ne lamenti la indisponibilità, ne conclami la mancanza al momento opportuno o ne parli semplicemente come uno dei tanti scandalosi disservizi alla italiana.

Soltanto un virologo, il prof. Walter Ricciardi, ieri mattina, alla tv, ha detto quella che dovrebbe essere una parola definitiva sulla questione con una riflessione tanto banale quanto inquietante per il momento e per la prospettiva.

Le mascherine non c’erano allo scoppio della epidemia e non ci sono state nei momenti topici seguenti per un motivo semplicissimo: le mascherine non venivano più prodotte da tempo in Europa e nel resto dell’Occidente.

La produzione delle mascherine, ma anche degli altri presidi sanitari quali tute di protezione, maschere, occhiali, guanti e così via, sono stati appaltati alla Cina o ad altri paresi dell’Estremo Oriente dagli apparati produttivi avanzati del Mondo Occidentale.

Un vero e proprio monopolio procurato dal sistema economico ed industriale dei paesi “sviluppati” che , con miopia e tracotanza, si sono consegnati mano e piedi,in questo caso dovremmo dire polmoni, ad un regime autoritario connotato da caratteri decisamente imperialisti sul piano industriale, economico e finanziario e  sicuramente arretrato, pressoché a livelli ottocenteschi, per quanto concerne le remunerazione, le condizioni ed i diritti del lavoro e dei lavoratori.

Ormai il re è nudo ,e questa volta a gridarlo non è il bambino della favola di Andersen, ma è il Covid19 che fa sì che si accenda un riflettore su alcune contraddizioni del neo capitalismo globale che probabilmente dovrà ripensare attentamente i suoi parametri produttivi ed organizzativi.

Per averne una piccola e non scientifica conferma è sufficiente entrare in uno dei tanti esercizi commerciali dei “cinesi”presenti nelle città  e nei più piccoli paesi d’Italia,nei quali non è reperibile un prodotto a basso costo che non porti stampigliato il marchio “made in PRC” o similari.

Il fenomeno della mancanza di mascherine,unitamente alle considerazioni conseguenti, dovrà costituire il volano su una serie riflessione collettiva,  che veda protagonisti tutti i soggetti interessati (governanti,politici,industriali,commercianti,sindacati e lavoratori)sulla struttura complessiva del sistema produttivo italiano in particolare ed occidentale in generale.

Se il dopo pandemia,sarà il nuovo nei diversi ambiti politici, social economici, e finanziari, come gran  parte degli osservatori prevede, sarà opportuno farci trovare preparati.

Cittadini, eletti, istituzioni, imprese,sindacati e partiti vecchi e nuovi.

Perché la Cina, è un immenso territorio ed un singolare  fenomeno politico che, con le sue asimmetrie rispetto al resto del mondo, forse non rappresenta più  soltanto “una opportunità”, come affermava in altri momenti storici Romano Prodi.