Gli ultimi anni hanno confermato l’incapacità di governare dei populisti/sovranisti, molto bravi ed efficaci nel gridare cosa non funziona nel Paese, ma inefficaci nel risolvere ciò che denunciano. Altro elemento di novità che sta emergendo tra i riformisti, popolari e liberali, sempre più con maggiore forza, è la necessità e l’urgenza, di costruire un nuovo progetto politico indipendente dal bi-populismo.

Quando si inizia un nuovo percorso politico è necessario partire dai contenuti e non dal contenitore, proprio come quando si inizia un nuovo puzzle è utile scegliere la cornice che lo sosterrà, possibilmente, il più a lungo possibile. Senza un pensiero forte, valori e ideali di riferimento non è possibile creare un progetto politico che duri oltre il voto. 

Dopo le elezioni politiche del 2018, si è reso ancora più urgente la costruzione di un nuovo progetto culturale e politico, che definiamo di centro per sottolineare l’autonomia dai due schieramenti populisti, oltre che per evidenziare i riferimenti solidi che rappresentano la cornice che lo sosterrà nel tempo.

Don Luigi Sturzo, nell’articolo pubblicato sul “Popolo Nuovo” il 26 agosto del 1923, scriveva: “Per noi il centrismo è lo stesso che popolarismo, in quanto il nostro programma è un programma temperato e non estremo: – siamo democratici, ma escludiamo le esagerazioni dei demagoghi; – vogliamo la libertà, ma non cediamo alla tentazione di volere la licenza; – ammettiamo l’autorità statale, ma neghiamo la dittatura, anche in nome della nazione; – rispettiamo la proprietà privata, ma ne proclamiamo la funzione sociale; – vogliamo rispettati e sviluppati i fattori di vita nazionale, ma neghiamo l’imperialismo nazionalista; e così via, dal primo all’ultimo punto del nostro programma ogni affermazione non è mai assoluta ma relativa, non è per sé stante ma condizionata, non arriva agli estremi ma tiene la via del centro.

Questa posizione non è tattica. E’ programmatica, cioè non deriva da una posizione pratica di adattamento o di opportunità: ma da una posizione teorica di programma e di idealità.

Aldo Moro, nel 1944, precisava che “il centro non è statico ma dinamico, importante non solo come luogo fisico o geografico, ma come funzione politica a condizione di essere alternativo alla sinistra e alla destra”.

Queste due citazioni rappresentano il punto di partenza per l’elaborazione del nuovo pensiero politico centrista, sottolineandone così l’autonomia identitaria e programmatica.

Definito il perimetro è necessario individuare i riferimenti (la cornice) che supporteranno il programma (il puzzle) del nuovo percorso politico centrista. 

Nella presentazione di “Forum al Centro” ne abbiamo individuati quattro: europeismo; il rispetto e la tutela dell’ambiente e di ogni persona umana; i valori civili, sociali ed economici della costituzione; l’incontro tra la dottrina sociale cristiana e l’economia sociale di mercato. 

L’Europa che sogniamo e che vogliamo, è quella federale, solidale e unita nelle scelte economiche e politiche, l’Europa che concretizza i valori e gli ideali espressi nei trattati, come ad esempio all’art. 3 del TUE:

“Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente”.

Parlando di “persona umana e ambiente” mi riferisco al più grande, almeno secondo me, insegnamento di Papa Francesco (Laudato si’ n. 139): “Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura”. 

Come dice spesso il pontefice “tutto è connesso” e noi non possiamo non tenerne conto nelle nostre proposte, per il programma che verrà.

La nostra Costituzione, la più bella del mondo, è sempre più dimenticata e presa a “la carte”. Quante volte, negli ultimi decenni, abbiamo sentito dire che il presidente del consiglio può fare ciò che vuole perché scelto dal popolo? Quante volte hanno calpestato i valori in essa espressi in nome del popolo? Il popolo vuole meno politica? Allora tagliamo finanziamento pubblico e seggi parlamentari, che ci vuole. Noi dobbiamo continuare a difenderla dal bi-populismo, che con la ghigliottina arriverebbe a cancellare perfino le istituzioni repubblicane, in nome del capo scelto dal popolo. Dobbiamo pretendere il pieno rispetto e l’attuazione dei valori civili, sociali ed economici della nostra amata Costituzione.

Altro passaggio fondamentale, per un nuovo progetto culturale e politico dei centristi, è la combinazione pragmatica tra gli insegnamenti della dottrina sociale cristiana e l’economia sociale di mercato, che ha già dato i suoi buoni frutti soprattutto in Germania e in Europa. Il 12 gennaio 2011 la Commissione delle conferenze episcopali della comunità europea (COMECE) pubblicò un documento favorevole all’economia sociale di mercato dell’UE capace di coniugare “il principio della libertà del mercato e lo strumento di un’economia competitiva al principio di solidarietà e ai meccanismi della giustizia sociale”.

I quattro riferimenti, scelti insieme nel marzo del 2019, devono essere una guida per il programma che verrà, un puzzle capace di seguire il percorso indicato dai nostri padri politici, tra cui Wilhelm Ropke, che nel 1944 pubblicava “Civitas humana”: “Alle questioni posteci dai collettivisti si può dare ancora, e oggi più che mai, una risposta liberale, anche se decisamente diversa da quella del liberalismo storico, anzi questa è l’unica risposta conciliabile con una Civitas humana”.

Luigi Einaudi nell’articolo del 1942, dal titolo Economia di concorrenza e capitalismo storico – La terza via fra i secoli XVIII e XIX, scriveva: “Se al sistema economico fondato sulla concorrenza di mercato, al quale ben conviene la denominazione di liberale – democratico, perché imperniato sul comando del consumatore e sulla soddisfazione dei desideri effettivi non della maggioranza della collettività consumatrice ma di ognuno in particolare, contrapponiamo l’opposto sistema collettivistico, la superiorità del primo appare evidente e sorprendente, le leve di comando nell’economia collettivistica passano dal consumatore e dal mercato al dirigente ed all’ufficio”, nello stesso articolo suggeriva una chiave di lettura molto efficace degli studi de “Il Röpke, preferisce non dare un nome al suo indirizzo e perciò lo chiama semplicemente “la terza via”, la via d’uscita dal dilemma della scelta fra il capitalismo o liberalismo storico ed il “collettivismo”, ambedue a lui in sommo grado ripugnanti. 

Per tornare al nostro pragmatismo solido, cioè con riferimenti ideali storici ma attualizzati e aderenti alle nuove esigenze, vorrei ricordare il discorso di Alcide De Gasperi al IV Congresso nazionale DC, tenutosi a Roma, il 25 novembre del 1952:

“Se è vero che prima di tutto è necessario salvare il regime democratico e la libertà, allora è vero che almeno nel periodo attuale, all’epoca che attraversiamo, la linea della soluzione va cercata in una linea di mediazione fra la necessità di servire la libertà e la tendenza ad una sempre maggiore giustizia sociale”.

In questa cornice, con i quattro riferimenti citati, possiamo elaborare, insieme, nuove politiche di centro, un puzzle per il futuro, pur sapendo che la nostra mission resta nell’ambito della “domanda politica”, possiamo contribuire a rendere più efficace l’offerta.