LA CRISI DEL PD ESIGE LA RIPRESA D’INIZIATIVA DEI POPOLARI.

 

Il timore è che l’invito a rifondare il Pd nasconda un desiderio di immergersi nelle acque materne della vecchia sinistra. Un errore imperdonabile. Bisogna immaginare un altro percorso. Solo il rilancio della componente cattolico popolare – tornata in su la via” – può dare gambe e testa alla battaglia per lalternativa alla Destra di governo. Altrimenti…

 

Giuseppe Fioroni

 

Il dibattito nel Pd segnala una crisi più profonda del previsto. Non è un fatto normale. Si possono perdere le elezioni, ma la tenuta di un partito, quando le sue basi sono solide, può assorbire le scosse della sconfittta, anche se grave. Invece, dopo il 25 settembre nel Pd è venuta a mancare proprio questa tenuta, sicché all’immobilismo del gruppo dirigente si oppone la pressione dall’esterno per un cambiamento radicale. Si parla di rifondazione, ignorando che nel passaggio dalla prima alla seconda repubblica per rifondazione si è inteso sempre qualcosa di regressivo, ovvero di politicamente ostico alle novità proposte o subite. Il rifiuto della svolta di Occhetto portava alla nascita di Rifondazione comunista; dopo la formazione del Partito popolare, i sostenitori della rifondazione democristiana aspiravano a un ritorno allo status quo ante, sebbene le condizioni politiche impedissero di mettere in piedi un’operazione di tal genere.

 

Il mio timore è che l’invito a rifondare il Pd nasconda un desiderio di immergersi nelle acque materne della vecchia sinistra, ponendo fine alla originalità di un “partito culla” della ricomposizione del riformismo – ecco il profilo del Pd – dopo le contrapposizioni e le fratture della seconda metà del Novecento. Questa novità, faticosa e incerta, sembra in via di archiviazione. A parole si guarda al futuro, nei fatti si cerca conforto nel passato: mancano solo le bandiere rosse e un’edizione musicale aggiornata dell’Internazionale. Certo, la forma esteriore del discorso avvolge un insieme di propositi ampiamente meritevole di attenzione, ma solo nella logica di una sinistra inevitabilmente autoreferenziale e  avvinghiata, nel disegno di una nuova società, a un ibrido programma social-libertario. Per giunta è una sinistra che pretende di salvarsi ponendosi sotto la tenda del populismo, con tutte le insidie derivanti dall’abbraccio con il M5S. In Francia, per questa via, si è giunti alla dissoluzione del partito socialista.

 

Ora, poiché i Popolari sono stati i co-fondatori del Pd attraverso la formale mediazione della Margherita, la loro riflessione assume a questo punto un rilievo del tutto particolare. Non possono restare alla finestra poiché non sono spettatori indifferenti: man mano che avanza la rifondazione/restaurazione di una sinistra identitaria, rimonta al tempo stesso la necessità di un “nuovo inizio” della cultura e della visione politica afferenti alla tradizione del cattolicesimo democratico. È un processo che non si arresta di fronte alle pigrizie dei singoli, né svanisce all’occorrenza per un’impossibile consegna del silenzio. Semmai il problema dei Popolari è non copiare l’errore altrui, e cioè non essere al traino di un’ambizione nutrita di neo-integralismo laico. Devono essere al servizio di una nuova sintesi tra libertà e democrazia, come riuscirono a fare prima Murri e poi Sturzo, e quindi De Gasperi Fanfani e Moro, insieme a tanti altri. Per questo occorre che tornino a pensare e a parlare, senza remore.

 

Avviare, anche in fretta, l’impresa di un popolarismo capace di tornare nuovamente in campo, rappresenta la sfida che incrocia e va oltre la crisi del Pd, facendo altresì da contrappunto alla superbia di una sinistra “a vocazione minoritaria”. Solo il rilancio della componente cattolico popolare – “tornata in su la via” – può dare gambe e testa alla battaglia per l’alternativa alla Destra di governo. Altrimenti la Destra, destinata ad occupare il centro dello scacchiere politico, resisterà al potere oltre i suoi meriti e per un tempo forse lungo.

P.S. Di questi temi parleremo nella riunione convocata a Roma per il 18 novembre (V. locandina)