L’errore sotteso alle versioni più anguste del neo-centrismo odierno consiste nel ricondurre in ambito clerico-moderato l’esperienza democristiana delle origini. Nell’editoriale (“Pigrizia”) siglato dal direttore del quotidiano ufficiale della Dc – qui riprodotto integralmente – si rispondeva nel novembre del 1947 a tale accusa di Pietro Nenni. Il ruolo della Dc, secondo Mondini, doveva essere interpretato alla luce di principi fondamentali che sollecitavano l’adozione e lo sviluppo di politiche funzionali ai “progressi più arditi”. . 

Luigi Agostino Mondini

Pigrizia 

Che i giovanotti arruolati dall’«Unità» e convogliati al comunismo dai non ancora dimenticati Littoriali della cultura siano ignari della storia politica dell’Italia unificata, può essere perdonato. Non lo può essere per Pietro Nenni che, in una sintesi affrettata dell’attuale evoluzione politica del mondo, classifica la democrazia cristiana come la «tipica tradizionale destra italiana erede dei clerico-moderati».

Questo è un grosso e forse volontario sproposito. La clerico-moderateria fu un fenomeno a cui la democrazia cristiana nelle sue origini e nel suo sviluppo, sta come l’antitesi alla tesi. Non già che si voglia, a tanta distanza di tempo, quando la prospettiva storica si profila già abbastanza staccata e serena, si voglia dir male dei clerico-moderati: ma il fatto è che il movimento che ha sfociato sul fare del secolo nella democrazia cristiana, circa trent’anni fa nel partito popolare e durante la liberazione di nuovo nella democrazia cristiana, è sorto e si è sviluppato in netto contrasto con le tendenze conservatrici del clericalismo moderato.

La verità è che troppa gente nuova crede, come già lo credettero gli ipnotizzati dal mito mussoliniano, che il mondo abbia avuto principio con i più recenti atti di nascita. È un orgoglio un po’ ingenuo e un po’ sciocco: infantile, insomma. Se costoro però fossero meno impazienti e chiedessero notizia a Pietro Nenni, che non è più giovane, dei tempi in cui fermentavano i germi di questa Italia che tenta ancora oggi il suo rinnovamento, può darsi che egli ricordasse loro un certo libretto di Francesco Saverio Nitti – anche lui, giovane, allora, e serenamente curioso di ogni vivo fatto sociale – sul socialismo cristiano.

Nitti fissava storicamente il punto d’arrivo e di partenza d’una corrente sociale di antiche scaturigini ma che sfociava nelle forme in divenire della società umana. È quella corrente che oggi ha assunto la forza di un grande fiume che corre alle nuove foci: ed il ridurre la vita politica odierna a vecchi schemi verbali vuol dire pigrizia intellettuale e insensibilità storica: pigrizia e insensibilità che ci tocca riscontrare così frequentemente in questi giorni sui giornali che pretendono di appellarsi alla dialettica marxistica come all’ultimo ritrovato per la spiegazione delle forze che si contrastano nella vita associativa.

Riscontrare nella democrazia cristiana il riflesso contingente di piccoli o grossi interessi di questa o quella categoria, significa non aver capito nulla della vigorosa ripresa di coscienza, da parte di «élites» operose e di masse assetate di giustizia, della funzione del cristianesimo nella struttura della società. Basti ricordare che la prima affermazione italiana di un’autentica democrazia risale ai gloriosi comuni medioevali e coincide con una chiara e insofisticabile professione cristiana, per comprendere come la democrazia cui oggi facciamo appello non è una improvvisazione teorica e un banale pratico accorgimento, ma un ritorno alle fonti più pure della nostra vita nazionale per trarre impulso ai necessari rinnovamenti strutturali.

Certe vecchie parole ammuffite come clericalismo, laicismo, ecc. non danno più suono: non significano più nulla. Oggi si tratta di ridare al popolo una coscienza della propria umanità: e questa coscienza, per noi, è indissociabile dai valori supremi che permettono e sollecitano i progressi più arditi.

(“Il Popolo”, venerdì 7 novembre 1947)