Proponiamo, un abstract, dell’editoriale pubblicato sulle pagine di Aggiornamenti Sociali a firma del  Direttore responsabile della rivista Giacomo Costa SJ

La chiusura della crisi politica apertasi lo scorso agosto «non mette fine a una situazione di affaticamento e progressivo svuotamento della vitalità della democrazia che ormai va avanti da anni e che non riguarda solo l’Italia»; tuttavia, «la democrazia non è malata, ma sta cambiando pelle, come del resto è già successo più volte nel corso della sua storia (…); la democrazia cambia perché è lo specchio di una cultura che sta anch’essa mutando». Lo afferma nel suo editoriale di ottobre padre Giacomo Costa, direttore di Aggiornamenti Sociali, rivista e think tank dei gesuiti italiani.

Dopo avere chiarito che «non è nostra intenzione valutare la bontà della nuova maggioranza, e ancor meno esprimere una prognosi sulla durata e sulle performance del nuovo Governo», l’editoriale analizza alcune mutazioni in corso: «Per molti di coloro che hanno vissuto con passione l’esperienza democratica e politica italiana ed europea della seconda metà del XX secolo è innegabile un sentimento di umiliazione e avvilimento perché il dibattito pubblico, onesto e appassionato, che si regge sul valore dato alla parola e mira a identificare soluzioni condivise e inclusive, non è più considerato il motore di un sistema autenticamente democratico». Non solo, «per i democratici cattolici si aggiunge una umiliazione supplementare: quella di vedere simboli della fede trasformati in talismani alla conquista del consenso». In generale, «l’affaticamento della democrazia è confermato dalla sensazione che essa abbia perduto la propria capacità propulsiva del cambiamento sociale».

Inevitabilmente, «l’intersecarsi di queste dinamiche impatta pesantemente sulla fisionomia e l’identità di quel soggetto collettivo – il popolo – a cui la democrazia rimanda fin dal suo etimo. La democrazia del XX secolo funzionava in presenza di un popolo strutturato». Oggi «il popolo come soggetto collettivo è qualcosa da costruire, garantendo che ciascuno vi trovi il proprio spazio».

«Non è più il tempo però – prosegue padre Costa – di fermarci a lamentare la crisi della democrazia. È venuto il momento di metterci il cuore in pace: la democrazia come l’abbiamo conosciuta e praticata nella seconda metà del XX secolo non esiste più ed è inutile pensare che sia possibile restaurarla». Ce lo dicono ad esempio alcune dinamiche della comunicazione politica: «La perdita di valore dei fatti come ancoraggio argomentativo e della verità, sempre più frammentata e “personalizzata”» e il fatto che «l’argomentazione razionale, arma ormai spuntata, è sostituita dalle tecniche comunicative di gestione del consenso».

La seconda parte dell’editoriale approfondisce il modo in cui il mutamento dello scenario investe i cattolici italiani, i quali «si confrontano con proposte identitarie che si presentano forti del fascino della semplificazione, ancor più quando non hanno scrupoli a brandire simboli religiosi». I cambiamenti evidenziati, secondo padre Costa, «non devono far venire meno la responsabilità dei cattolici, che continuano a essere chiamati a giocare il loro ruolo, anzi meglio, i loro ruoli». È più opportuno usare il plurale perché «di fronte alla “evaporazione” del popolo e al rischio di vederlo assorbito in proposte identitarie di parte, occorre valorizzare la pluralità di ruoli che i cattolici ricoprono, non solo in riferimento allo schieramento politico, ma soprattutto rispetto ai processi sociali in cui il Paese esprime la propria vitalità. (…) Con un gioco di parole, possiamo affermare che il ruolo dei cattolici oggi è avere molti ruoli, e continuare a farli interagire, all’interno della comunità cristiana e ancora di più con le altre componenti sociali di diversa ispirazione. Un modo per farlo è praticare sempre più quello stile sinodale che la Chiesa sta assumendo in questi ultimi anni». E ancora «favorire un autentico dialogo intergenerazionale».

A chiudere l’editoriale un doppio interrogativo che è anche un auspicio: «Saprà questo Governo e soprattutto la maggioranza che lo sostiene svelenire il clima, in modo che sia possibile dare il via a un esperimento di democrazia del nostro tempo? Sapremo noi cittadini fare la nostra parte, imparando a far dialogare le differenze anche all’interno dello scenario della post-verità, uscendo dalle bolle e dalle seduzioni del marketing delle emozioni? Aver sperimentato quanto forti e attraenti siano le pulsioni totalitarie ci dice quanto sia vitale riuscirci».

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