LA DIPLOMAZIA PARALLELA DEL QUIRINALE.

Se il nostro sistema non avesse avuto due motori istituzionali – chiamiamoli così, impropriamente – il paese si troverebbe oggi alle prese con una difficoltà in più, e ancor più difficile da risolvere.

La politica ha le sue astuzie e con esse sembra divertirsi. Astuzie che seguono percorsi a volte tortuosi e paradossali, ma che hanno il merito di ricordarci che strade più dritte spesso si bloccano a metà del percorso. 

Ad esempio, se tra Italia e Francia si rivede un barlume di dialogo lo si deve alle cure diplomatiche del capo dello Stato. Quel capo dello Stato che Meloni non ha votato la volta passata e che la volta prossima vorrebbe magari far votare al popolo in via diretta. 

Così, la diplomazia parallela del Quirinale ha potuto portare conforto alla geopolitica di Palazzo Chigi. Cosa che un regime diverso avrebbe reso assai più difficile. Se il nostro sistema non avesse avuto due motori istituzionali – chiamiamoli così, impropriamente – il paese si troverebbe oggi alle prese con una difficoltà in più, e ancor più difficile da risolvere. Verità che in cuor suo è possibile che il capo del governo stia cominciando a riconoscere. 

È la conferma, una volta di più, che la politica ha le sue complessità. E che quanti pretendono di renderla troppo lineare il più delle volte finiscono per trovarsi impantanati loro malgrado. Usciamo (se davvero ne stiamo uscendo) da una stagione di inni al semplicismo. La deriva populista di questi anni è consistita nel negare alla politica la sua inevitabile complessità, illudendoci che tutto sarebbe stato più facile se solo si avesse avuto il coraggio di seguire percorsi tagliati con l’accetta. E invece le cose non sono mai così facili come le si vuole raccontare. Tutto sta a capirlo, e magari a riconoscerlo.

 

Fonte: La Voce del Popolo – 17 novembre 2022.

(Articolo qui riproposto per gentile concessione dell’autore e del settimanale).