La formazione alla Costituzione per il futuro della democrazia

 A parte il ruolo cruciale essenziale della scuola ci sono anche altre opportunità che possono contribuire a diffondere una cultura costituzionale e della convivenza civile e democratica di base.

Una premessa – Il punto di partenza per questa riflessione è costituito dalla considerazione del nesso stretto tra democrazia e Costituzione: democrazia intesa come potere del popolo, mentre  la Costituzione è il documento solenne che definisce i diritti e doveri delle persone e le regole di esercizio del potere, cioè le forme e i limiti della sovranità popolare, come chiarisce l’articolo 1 della Costituzione, dopo aver sancito che l’Italia è una Repubblica democratica. Ma va subito precisato che il popolo non è da intendere come un’entità astratta, monolitica, che potrebbe oltretutto facilmente degenerare  in populismo, bensì come la sintesi di una realtà composita, costituita dalle varie comunità territoriali e sociali e dai tanti mondi vitali che animano il tessuto della società, unificata dalla comune appartenenza di tutte le sue componenti ad un unico sistema istituzionale nazionale, come ben aveva sottolineato il popolarismo sturziano nella sua lucida ricostruzione del senso profondo della base personale dello Stato. Perciò, quando parliamo di forme e limiti della sovranità popolare, abbiamo naturalmente di fronte l’esigenza di considerare il potere pubblico statale non come una sede unica e indivisibile, ma piuttosto  come una realtà policentrica, in cui il potere è ripartito tra una pluralità di organi e soggetti di vario ruolo e livello, con vari pesi e contrappesi anche nella formazione dell’ indirizzo politico, cui si devono sommare una serie di meccanismi di partecipazione e di garanzia, finalizzati da un lato a favorire un ruolo attivo dei cittadini, singoli o associati, e dall’altro ad evitare abusi di potere.

 

L’ABC della democrazia – Se per democrazia intendiamo la base e gli strumenti per la convivenza pacifica e la cura corresponsabile del bene comune, possiamo sottolineare in estrema sintesi che la democrazia implica anzitutto effettive garanzie di libertà e di pluralismo delle opinioni politiche,  diritti riconosciuti e doveri sociali, finalizzati ad obiettivi di giustizia e di eguaglianza sostanziale, che debbono mettere ciascuno in condizione di esplicare la propria personalità.  

Se poi ci chiediamo quali siano i luoghi dove normalmente si realizza e si sviluppa la democrazia, dobbiamo mettere a fuoco da un lato le sedi istituzionali con organi che rappresentano  le comunità territoriali di vario livello che costituiscono la Repubblica (comuni, province, città metropolitane, regioni e stato), dall’altro gli strumenti sociali maggiormente collegati alla partecipazione politica  (pensiamo ai partiti, ai movimenti e ai gruppi organizzati per la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica) Quindi da questo punto di vista è certo importante considerare il ruolo degli organi nazionali più rilevanti, a cominciare dal Parlamento (col suo potere legislativo) e dal Governo (col suo potere di indirizzo politico), ma non si può certo perdere di vista il ruolo significativo che è riservato dalla Costituzione alle comunità locali e regionali, in cui si realizza più agevolmente il rapporto tra singole persone, gruppi sociali e imprese con  le istituzioni di governo del territorio.

Altro punto essenziale da tener presente è ovviamente quello che riguarda le modalità con cui si discute e si prendono decisioni in un sistema democratico. Da questo punto di vista acquistano rilievo specifico le dinamiche procedurali che governano la vita di una democrazia, in cui da un lato hanno importanza i sistemi elettorali (di tipo proporzionale o maggioritario o misto) preordinati alla diretta partecipazione al voto dei cittadini, dall’altro va evidenziato il rapporto tra il principio di maggioranza (i più decidono per tutti, a parte i vari modi di conteggiare la maggioranza) e il ruolo della minoranza, che si oppone e finisce per soccombere, ma svolge una funzione cruciale nello stimolare il dibattito e il confronto tra le possibili soluzioni, esercitando altresì un controllo critico  sulla maggioranza, nella prospettiva di avere a sua volta in futuro un consenso maggioritario. Rispetto a queste dinamiche acquistano rilievo non trascurabile anche le regole che cercano per un verso di impedire forme di dittatura della maggioranza, così come per altro verso una trasformazione dell’opposizione in forme di ostruzionismo paralizzante delle decisioni. 

Altro principio essenziale di un sistema democratico, almeno secondo una visione aperta e liberale del confronto politico,  è quello fondato sulla scelta di rappresentanti che devono poter esercitare il proprio ruolo con un mandato libero, cioè non vincolato strettamente alla volontà di partito o di chi li ha designati, ma con la libertà di poter scegliere nelle singole circostanze in base ad una propria valutazione del bene comune possibile in una determinata situazione. Rispetto a questa impostazione della rappresentanza politica,  acquistano ovviamente significato alcuni bilanciamenti, costituiti sia dagli spazi di partecipazione previsti per consentire ai cittadini di far valere il proprio punto di vista, sia dalle forme di democrazia diretta che dovrebbero integrare quella rappresentativa consentendo, in taluni casi, un ruolo diretto dei cittadini elettori in alcune decisioni (referendum, iniziative legislative popolari, petizioni). In tal senso è appena il caso di aggiungere che è ovviamente del tutto impensabile oggi, pur disponendo di risorse telematiche che potenzialmente potrebbero consentire di verificare rapidamente il grado di consenso o di like per una determinata decisione,  immaginare e organizzare un sistema interamente fondato sulla democrazia diretta (che qualcuno chiamerebbe la democrazia immediata), data la complessità delle decisioni da assumere nelle società contemporanee e la necessità di competenze tecniche e di effettivi confronti e mediazioni, che i social non potrebbero certo assicurare.

Va poi sottolineata, per altro verso, la fragilità della democrazia, la quale non è un’opzione di organizzazione del potere che dia luogo ad un  assetto definitivo e stabile, impermeabile alle trasformazioni sociali e culturali. Anzi corre sempre il rischio di involuzioni o di degenerazioni o di crisi di  effettiva partecipazione, con spazi all’antipolitica da un lato oppure, dall’altro, a derive centralistiche,a forme di concentrazione o personalizzazione o verticalizzazione del potere politico, senza mediazioni o con una sostanziale emarginazione di  partiti, sindacati e altre forme di partecipazione sociale, a parte il rischio di scarsa valorizzazione o responsabilizzazione delle elite amministrative e tecniche, in possesso di conoscenze utili per le scelte democratiche. In questa prospettiva è evidente anche l’importanza cruciale dei mezzi di informazione pubblica e la necessità di regole che garantiscano realmente la disponibilità di conoscenze scientifiche, il pluralismo delle opinioni e un libero confronto politico: di qui la questione, assai delicata, della disciplina e gestione della comunicazione pubblica attraverso sia i media tradizionali (giornali e tv), ma anche tenendo conto delle nuove potenzialità della rete e dei social, che certamente ampliano le possibilità di informazione, specie per i giovani, ma al tempo stesso rischiano di ridurre la comunicazione politica  a slogan, precludendo il dialogo e l’approfondimento, che sono alla base del discernimento, con un isolamento di fatto che spesso si abbina a quello che è stato chiamato il narcisismo individualistico. Si pone, in altre parole, sempre più un problema serio di cultura politica democratica, perchè la democrazia – che implica comunque la fatica di un impegno serio, costante e responsabile – ha bisogno vitale di un’informazione attendibile, al riparo dal rischio di fake news o di eccessive semplificazioni.

In sostanza, si pone sempre più l’esigenza di una democrazia educata, fondata più su ragioni che su emozioni, al riparo quindi dai  populismi e dalle tentazioni leaderistiche, con partiti trasformati in piedistalli dei leader e cittadini che finiscono per essere chiamati solo ad approvare, non a contribuire alle scelte. Di qui appunto la necessità di richiamare, oltre all’importanza di una preparazione a svolgere il ruolo di cittadino consapevole, anche  la fatica del dialogo e del discernimento, che sono essenziali per una cultura matura della partecipazione democratica e della cittadinanza attiva, in modo da evitare che prenda il sopravvento la cultura dell’immagine, del qui e ora e dell’io, invece che del noi.

 

La Costituzione come scuola di legalità e bussola per vita democratica – In questa prospettiva di una cittadinanza democratica educata e matura, si percepisce facilmente il valore cruciale della Costituzione come stabile quadro di riferimento e di orientamento per la vita democratica. In primo luogo la Costituzione offre una cornice essenziale di principi e regole fondamentali comuni a tutti i cittadini, è un patto condiviso che certamente richiede però un impegno costante per essere mantenuto e fatto vivere, fermo restando che permane anche un problema di reale attuazione di molte delle previsioni contenute nella Costituzione: spesso, infatti, si tratta di affermazioni di principio, che richiedono poi un impegno permanente sia del legislatore per concretarle, sia delle istituzioni e dei cittadini nel rispettarle nella vita di tutti i giorni (pensiamo, ad esempio, a talune previsioni in materia di supporto alle famiglie o a quanto prefigurato per partiti e sindacati o al capitolo fondamentale del decentramento delle funzioni pubbliche, in gran parte da realizzare per dar vita ad autonomie responsabili e avvicinare le istituzioni ai cittadini).

In ordine ai contenuti salienti della Costituzione – senza qui poter naturalmente dettagliare – va sottolineato anzitutto il significato e la portata generale delle prime dodici norme, che sanciscono in particolare il quadro di garanzie di principi in materia di diritti inviolabili delle persone e delle formazioni sociali, così come di riconoscimento e valorizzazione delle autonomie, senza peraltro perdere di vista il principio di unità e indivisibilità della Repubblica. Di qui anche l’accento sul principio di solidarietà e di perequazione, in base al quale vanno perseguiti obiettivi di riequilibrio per le zone più svantaggiate del Paese e  un’eguaglianza non solo formale tra i cittadini, che si fondi il più possibile su pari opportunità. D’altra parte, riguardano tutti i cittadini anche le norme sui doveri e sulle responsabilità personali, ivi comprese quelle che sono a fondamento dell’esigenza di legalità nei rapporti pubblici, in cui acquista un particolare rilievo la norma che sancisce il dovere di tutti di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi, a partire dai cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche, che devono essere adempiute con disciplina ed onore.

 Vi è poi da richiamare l’’importanza di una organizzazione del potere pubblico coerente con il principio della sussidiarietà, sia verticale che orizzontale, in base al quale per un verso vanno promosse e valorizzate il più possibile le funzioni delle istituzioni esponenziali di comunità territoriali più prossime ai cittadini, a partire dai comuni,  dando per altro verso spazio in modo concreto anche a quanto previsto espressamente nell’articolo 118, laddove si sottolinea che tutte le istituzioni pubbliche devono favorire – in chiave appunto orizzontale – l’autonomia dei cittadini singoli e associati per lo svolgimento di attività di interesse generale, così aprendo ad un ruolo significativo anche delle organizzazioni di volontariato sociale e del cosiddetto Terzo settore.

Sono, altresì, da menzionare le norme altrettanto importanti  e lungimiranti – specialmente in un’epoca in cui sono sempre più evidenti le interdipendenze sovranazionali, se non talora planetarie (basti pensare all’ambiente e al clima) – che aprono ad un rapporto collaborativo con altri Stati e organizzazioni internazionali, limitando espressamente la sovranità statuale a beneficio di obiettivi di convivenza pacifica e di reciproco riconoscimento: in tal senso creando i presupposti indispensabili anche per la prospettiva dell’Unione europea, che costituisce ormai da decenni lo scenario in cui realizzare un’effettiva integrazione tra i popoli del vecchio Continente. Si può aggiungere che – in questo orizzonte sovranazionale – la Costituzione ha già dal 1948 prefigurato il valore anche per gli italiani di documenti e Carte solenni che, a vario titolo, hanno contrassegnato la storia dei rapporti internazionali dei decenni successivi, a partire dalla Dichiarazione universale dei diritti umani fino alla Carta europea dell’autonomia locale del 1985 e al Trattato di Lisbona del 2004 per l’Unione europea.

 In sostanza, la Costituzione rappresenta una scuola di legalità e un punto di riferimento imprescindibile come presupposto di una reale cittadinanza democratica e di una possibile partecipazione effettiva alle dinamiche nella vita pubblica, sia nell’ordine interno che internazionale. Di conseguenza dovrebbe essere un effettivo patrimonio personale di tutti i cittadini, che dovrebbero conoscerla e farla conoscere: con un plauso alle iniziative di quei comuni o di quelle scuole che consegnano il testo della Carta costituzionale ai diciottenni, in modo che possano iniziare la loro vita democratica con piena consapevolezza dei principi e delle regole istituzionali comuni. A maggior ragione per il fatto che, pur avendo già settant’anni, la Costituzione repubblicana non è vecchia o superata, ma conserva piena vitalità ed attualità, seppure con qualche avvertenza sul linguaggio talora datato (ad esempio laddove, all’art. 9, si legge che la Repubblica tutela il paesaggio, mentre oggi si farebbe riferimento, in modo oltretutto più onnicomprensivo, alla tutela dell’ambiente) e su qualche esigenza di manutenzione o aggiornamento o integrazione su punti specifici, specie nella parte sull’organizzazione del potere, ma non sull’impianto generale. 

 

L’esigenza di una formazione istituzionale alla Costituzione – Una democrazia educata alla Costituzione potrebbe essere la sintesi di quanto fin qui considerato: ma come, in quali luoghi istituzionali aperti a tutti, affinchè sia garantita una cultura costituzionale di base a tutti i cittadini, aldilà delle opportunità di formazione e di sensibilizzazione nei contesti familiari o in sedi associative privato-sociali liberamente frequentate? Ovviamente va considerato anzitutto il ruolo possibile – anzi indispensabile – della scuola, sia quella dell’obbligo che quella superiore, pensando ad un vero e proprio  insegnamento curriculare, con le opportune verifiche conclusive, impartito o coordinato da docenti specificamente qualificati. C’è bisogno di un deciso passo avanti sia rispetto alla pur significativa esperienza dell’educazione civica introdotta per qualche tempo alla fine degli anni ‘50 nella formazione scolastica su iniziativa dell’on. Moro, sia rispetto all’erratico insegnamento di Cittadinanza e Costituzione realizzato in molte scuole – talori con ottimi risultati – negli ultimi due decenni ad opera di docenti volenterosi e benemeriti, spesso supportati dai dirigenti scolastici, ma comunque senza uno spazio didattico proprio e garantito. 

L’obiettivo didattico non dovrebbe certo mirare ad un indottrinamento, ma sostanzialmente essere quello di offrire una conoscenza adeguata – modulata ovviamente a seconda dei livelli scolastici – sul contesto della vita pubblica del Paese e sulle dinamiche della democrazia, in modo da abituare i giovani, fin da piccoli, a sapere dove vivono, con quali regole fondamentali di relazione e di dialogo con gli altri, con quali diritti e doveri principali: Nella formazione di questa cultura istituzionale dovrebbero certamente aver posto, aldilà di qualche fase d’aula frontale, soprattutto momenti di riflessione legati a testimonianze di responsabili istituzionali o di figure meritevoli a vario titolo di attenzione (per cultura o esperienze significative), nonchè visite alle sedi più rappresentative delle istituzioni pubbliche, a cominciare da quelle comunali o di rilevante interesse locale. Non mi soffermo qui oltre sui contenuti e sul profili disciplinari di questo insegnamento – di per sè interdisciplinare, anche se maggiormente collegabile alle discipline storiche e giuridiche – sulla cui ragion d’essere vi sono, d’altronde, studi e proposte particolarmente qualificate, a partire da quelle formulate oltre un decennio fa dalla Commissione Corradini, da cui sono in certo modo scaturite anche alcune iniziative legislative parlamentari nella scorsa e nella attuale legislatura, che sembrano preludere ad un’effettiva operatività (per un approfondimento delle vicende e dei chiaroscuri dell’nsegnamento – dapprima di Educazione civica, poi di Cittadinanza e Costituzione – si veda il volume di Luciano Corradini e Giuseppe Mari, Educazione alla cittadinanza e insegnamento della Costituzione, ed. Vita e pensiero 2019). E’ urgente prendere decisioni operative in materia, ad opera di Parlamento e Governo, trovando uno spazio adeguato nella programmazione didattica dei vari ordini e gradi di scuole e stimolando, nel contempo, percorsi di formazione mirata e di aggiornamento per i docenti coinvolti.

 A parte il ruolo cruciale essenziale della scuola ci sono anche altre opportunità che possono contribuire a diffondere una cultura costituzionale e della convivenza civile e democratica di base. Si può pensare all’importanza ad esempio del servizio civile, anche volontario, che può offrire ai giovani un’esperienza certo significativa sulla realtà sociale in vari campi e sul senso di un impegno civile. Vi sono, inoltre, specie in talune parti del nostro Paese, opportunità assai positive di impegno nel campo della protezione civile o dei vigili del fuoco volontari. Ecco, questa sensibilità e questa cultura delle comuni esigenze nella convivenza civile mi pare effettivamente possano contribuire a far crescere cittadini consapevoli delle  responsabilità di ciascuno nella convivenza sociale. Aggiungo poi un’ulteriore spazio disponibile per la formazione dei giovani alla cittadinanza attiva: mi riferisco alla possibilità di dar vita nei contesti locali a quelli che si chiamano i Consigli comunali dei ragazzi, una opportunità prevista addirittura da una legge degli anni 90 che è stata sperimentata in molte realtà comunali, dando vita a organi formati da studenti scelti dagli studenti che provano a gestire piccole responsabilità di comune interesse, in collaborazione con le istituzioni comunali (ho avuto modo di verificare di recente come questo tipo di esperienza faccia maturare una coscienza dei valori sociali e civili anche in giovanissimi studenti, dagli 11 ai 14 anni, che hanno saputo animare un incontro a Lozzo di Cadore sui principi fondamentali della Costituzione, ponendo e interloquendo con domande intelligenti e curiose). Aggiungo infine anche un riferimento allo spazio offerto dal “dibattito pubblico”, con questo menzionando quanto previsto da un decreto del 2018, che prevede la possibilità di dar vita ad  un dibattito pubblico su progetti alternativi di opere pubbliche, chiamando quindi i cittadini di un dato territorio interessato a orientare le scelte di chi ha la responsabilità istituzionale di prendere le decisioni in materia di opere pubbliche.

A voler concludere queste considerazioni si può sostanzialmente dire che, a 70 anni dalla entrata in vigore della Costituzione, tuttora valida i suoi assi portanti, si deve finalmente  finalmente prendere sul serio la questione della formazione istituzionale, anzitutto scolastica, a Cittadinanza e Costituzione: per dare un’anima e un futuro alla democrazia, con cittadini delle nuove generazioni informati e formati, in grado di contribuire ad una migliore qualità della politica e alla difesa del sistema democratico. Ovviamente senza escludere – anzi auspicando – altre libere iniziative in materia da parte di partiti,  movimenti, associazioni e fondazioni interessate a migliorare la cultura costituzionale alla democrazia.

 

Gian Candido De Martin Presidente del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’ACI per lo studio dei problemi sociali e politici “Vittorio Bachelet “

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