La guerra e l’Europa: è l’ora della politica. Merlo dice…

 

Non è più il tempo dell’improvvisazione e della casualità. Avere, oggi, una classe dirigente adeguata, preparata e riconosciuta a livello europeo ed internazionale non è un lusso per il nostro paese, ma un dovere politico e culturale

Giorgio Merlo

Nessuno sa e nessuno conosce l’epilogo della guerra fra la Russia e l’Ucraina. E, soprattutto, nessuno conosce quali potranno essere gli esiti collaterali di questo violento e cruento conflitto dopo l’invasione russa del territorio ucraino. Per il momento l’unico auspicio resta quello di augurarsi la fine, il più presto possibile, di questa drammatica guerra.

 

Detto questo, però, è giunto il momento affinché adesso prendano il sopravvento alcuni caposaldi che hanno storicamente caratterizzato la politica italiana. E che, purtroppo, in questi ultimi anni si sono dissolti dopo la vittoria e l’irruzione del populismo grillino nel nostro paese che ha continuato a spazzare quasi tutti gli ingredienti che qualificano e nobilitano la politica. Da una classe dirigente qualificata all’importanza delle culture politiche, da una adeguata cultura di governo al senso dello Strato e al rispetto delle istituzioni democratiche, da una conoscenza degli scenari internazionali ad una capacità di guidare e di governare gli avvenimenti che si presentano a livello nazionale ed internazionale senza limitarsi ad inseguirli. Tutto ciò è stato sacrificato sull’altare di un populismo becero e qualunquista che ha contagiato molte forze politiche.

 

Basti pensare che un partito governista e di potere come il Partito democratico continua ad individuare nel partito di Grillo l’alleato più solido e più granitico per costruire un progetto politico e di governo a lungo termine. Ogni ulteriore commento è persin superfluo. Ma un conflitto bellico che può, dopo molti decenni, investire tutta l’Europa – seppur in forme nuove e con diverse modalità – e alla vigilia di un “nuovo ordine mondiale” come viene ormai comunemente definita da tutti gli osservatori, richiede un risveglio della politica, della sua mission, della sua funzione, della sua capacità di relazione e di progettazione del futuro. E un paese come l’Italia non può ritrarsi da questa responsabilità per il ruolo storico che ha giocato nello scacchiere europeo ed internazionale per decenni da un lato e, dall’altro, perchè resta un paese fondamentale per tutto l’Occidente. Certo, negli ultimi anni questo ruolo si è alquanto appannato e il fatto, oggi, di avere come titolare della Farnesina il grillino Di Maio è la sintesi quasi perfetta di questa situazione di decadimento e di scarsa se non nulla credibilità della politica.

 

Ora, però, si apre una nuova pagina. Per tutti. A cominciare dall’Italia. E il nostro paese non può che riprendere una nuova e forte iniziativa politica a tutto campo. Nello scenario europeo innanzitutto. Non è pensabile che la Francia e la Germania consolidino definitivamente il loro ruolo di leadership politica nel vecchio continente a scapito di tutti gli altri. Italia in primis. In secondo luogo, il ruolo nella regione mediterranea. Storico crocevia di molte civiltà ma anche e soprattutto luogo di dialogo e di confronto con paesi diversi ma che hanno un ruolo decisivo per il governo di un comparto territoriale che storicamente è fondamentale non solo per l’intera Europa ma per tutto il mondo. Democratico e non.

 

Ecco perchè non è più il tempo dell’improvvisazione e della casualità. Avere, oggi, una classe dirigente adeguata, preparata e riconosciuta a livello europeo ed internazionale non è un lusso per il nostro paese, ma un dovere politico e culturale. E forse anche un dovere morale ed etico. Non è pensabile pensare di ridisegnare il futuro dell’Europa, dei nuovi equilibri europei e mondiali appaltando il tutto ai funzionari del Ministero. Adesso, appunto, serve la politica e soprattutto una classe politica. Dopo la stagione degli Andreotti e dei D’Alema al Ministero degli Esteri e di tanti altri esponenti politici non può subentrare o consolidarsi, con tutto il rispetto del caso, la stagione dei Di Maio, dei Di Battista o di Conte. Per il bene dell’Italia e non solo per la credibilità della politica.