La lega e i 5s, più che un’idea di nazione hanno un’idea antieuropeista

La lega e i 5s, più che all'idea di nazione, sono approdati a quella di uno Stato capace di sostituirsi all'Europa e ai suoi processi di integrazione

Possiamo dire di essere entrati nella cosiddetta terza repubblica? Temo di no, perché le variabili che dal 1992-1993, col Trattato di Maastricht e quello di Lisbona, immediatamente successivo, hanno marcato il cammino sociale economico e politico dell’Italia e dell’Europa, vivono ancor oggi  e sostengono una situazione complicata, i cui esiti sono molto incerti.

Se Monti, chiamato da Napolitano, su suggerimento delle alte autorità europee, svolse il suo compito con scrupolo notarile, nel 2011, aumentando la pressione fiscale, tagliando la domanda e accentuando la deflazione che era già in atto, questo attuale governo si pone su una posizione di deflazione analoga, poiché fa deficit, concentrando la spesa su quella  corrente, così come si è fatto per decenni, dagli anni ’80 in poi.

Si aggiunga poi la corruzione politica che continua a seminare miliardi nel suo cammino e non sembra mai arrestarsi, insieme alla sempre presente evasione fiscale, soprattutto dei grandi gruppi finanziari e ai prestiti, mai restituiti, non da parte delle famiglie e dei piccoli imprenditori, ma di quelle compagnie finanziarie che avevano preteso prestiti dalle banche, investendoli poi non in economia reale, ma in operazioni di speculazione finanziaria (vedi i fatti recenti della Banca Etruria, della Anton Veneta e delle banche venete, prese a punto di riferimento del problema).

I partiti politici vincitori delle recenti elezioni, oltre a non fare conoscere agli italiani i sostegni finanziari ad opera di grandi multinazionali( come la Goldman Sachs per Di Maio o la JP Morgan e Morgan Stanley per il pd e Berlusconi), convogliano tutti i temi anti sistema accumulatesi negli ultimi decenni, dall’estremismo ecologista al rifiuto dei doveri civili che attengono a una democrazia, al rifiuto delle logiche di un’economia di mercato, così come era stata firmata nei trattati europei sopra citati.

La lega e i 5s, più che all’idea di nazione, sono approdati a quella di uno Stato capace di sostituirsi all’Europa e ai suoi processi di integrazione, nel tentativo maldestro di eludere i problemi economici e finanziari che derivano dal fatto che l’Italia è inserita nel mercato mondiale, cosicché il suo Stato nazionale, di cui negano le origini e la storia, dovrebbe erigersi come “una difesa antieuropeista”, piuttosto che una riaffermazione del suo carattere nazionale. E’ evidente anche che, sia l’allargamento dell’Unione Europea ai paesi dell’est europeo, un tempo soggetti all’impero sovietico, sia lo sviluppo delle istituzioni sovranazionali, soprattutto la moneta unica, sono state acquisite troppo frettolosamente e con esiti incerti.

Quegli stessi paesi che non hanno aderito poi alla moneta unica mostrano ora di ripiegare su posizioni sempre più nazionaliste, determinando un arresto della loro integrazione civile e politica nell’unione. Come è stato visto per la Slovacchia, la Lituania, la Polonia e l’Ungheria. E’ vero anche che su tutti i paesi partecipi della moneta unica pesa fortemente lo squilibrio tra i poteri sovranazionali acquisiti dalle istituzioni dell’Unione europea e la sovranità degli Stati nazionali. Questo squilibrio è un fatto oggettivo, conseguente a oltre trent’anni di mancate iniziative comunitarie impegnate a risolverlo e consiste in due principali filoni: il primo ha carattere istituzionale, con grave deficit di democrazia, il secondo nasce dal differente livello di sviluppo economico. Entrambi i problemi dovrebbero essere affrontati con spirito di comunione europea e con la salvaguardia delle economie nazionali, che, valutate nelle loro proprie realtà, ciascun popolo potrebbe difendere e valorizzare, affinché ognuno potesse esprimere il meglio di quello che sa fare.

Questa omogeneizzazione delle diverse economie nazionali è compito dell’Unione europea, ma è ostacolata dall’attuale sistema di funzioni istituzionali e regole economiche fissate dai trattati, che devono essere assolutamente modificati, in funzione delle esigenze dei singoli paesi.