Ancora non conosciamo l’esito ufficiale delle elezioni americane ma dai dati studiati emergono due elementi che rendono unica questa competizione democratica:  la grande partecipazione alle urne (67%) e la divisione, in alcuni casi antropologica, tra le due Americhe.

Una divisione mai sanata dalla guerra fratricida dell’800 che vide il nord contro il sud. Le divisioni dell’epoca si riflettono ancora sull’andamento elettorale anche di questa ultima campagna. Ma un dato deve far riettere tutti i progressisti: Trump ha scelto dal 2016 di investire la sua politica sulla sicurezza e sul lavoro. Soprattutto quest’ultimo deve essere riconsiderato elemento primario per una politica del futuro in quanto la dignità dell’uomo e la sua sicurezza derivano da quello. La gestione non positiva dell’emergenza sanitaria e quindi della sicurezza delle persone ha penalizzato Trump sopratutto nei grandi centri urbani dove Biden recupera i voti persi dalla Clinton 4 anni fa; ma non a sufficienza lo fa il partito democratico che non esce bene dalle elezioni alla camera e al senato. Dunque, la sacrosanta battaglia per i diritti delle minoranze non deve mettere in secondo piano quella per il lavoro.

Obama riconquistò la Casa Bianca investendo miliardi di dollari sulle fabbriche dell’auto in Ohio e Michigan e fu premiato elettoralmente, il Presidente uscente ottiene un risultato importante sull’occupazione, ma forse pagherà un eccesso di radicalismo che non gli consentirà di essere riconfermato.

Insomma da queste elezioni anche noi italiani dobbiamo, imparare molto: le famiglie e il singolo l’individuo non devono mai essere lasciati sole ed anche i provvedimenti di ristoro per le aziende e le attivita colpite dalle restrizioni devono essere immediate. Con l”eventuale sconfitta di Trump il sovranismo subisce una battuta d”arresto, ma è più vivo che mai e troverà terreno fertile per rivincite immediate. Ciò tanto più se i progressisti si chiuderanno nella mancanza di una prospettiva sul lavoro e sulla sicurezza, privilegiando rapporti con i grandi poteri economici globali. Essi portano la responsabilità di non aver recepito in questi anni la lezione implicita nelle sperequazioni economiche insostenibili, che hanno aperto le porte prima al populismo e poi al sovranismo, ancora molto presenti in Europa