Con molta onestà, Zamagni tira i remi in barca. Lo fa con stile, in una lunga conversazione apparsa ieri sul sito di “Formiche”, rivendicando comunque alcune idee sul futuro dei cattolici in politica. Tutto ruota attorno alla scommessa sul superamento della diaspora iniziata nel 1992-94. A tal fine s’invoca addirittura la ripresa della formula neo-temporalista del Card. Ruini. In realtà, l’ipotesi di un centro post democristiano, fuori dalla tradizione di Sturzo De Gasperi e Moro, ha suscitato interesse e curiosità, ma anche striscianti e robuste perplessità. Negli ultimi giorni il progetto si è gonfiato all’inverosimile, quasi a sancire un appello dotato di crismi vaticani, per ripiegare subito appresso a testimonianza personale o poco più. Siamo dunque all’ammaina bandiera.

Altre volte, alla domanda sul ruolo immaginato per se stesso, il professore riminese aveva alzato i paletti contro una qualche sovraesposizione. Stavolta è ancora più fermo, persino categorico, escludendo di voler assumere per l’oggi o per il domani un profilo pubblico di tipo chiaramente politico. In questo modo, sembra di dedurre che residui da parte sua il desiderio di contribuire in termini più misurati al dibattito in corso. Ne è la riprova la mancata risposta sul tema del referendum: Zamagni non prende posizione né per il Sí né per il No, quando viceversa è largamente diffusa tra i cattolici democratici e popolari l’orientamento a favore del No. Pesa probabilmente il fatto che una dichiarazione esplicita darebbe il destro a insinuazioni di vario genere. Non si deve dimenticare che presiedere la Pontificia Accademia delle scienze sociali, arricchita di recente dall’ingresso di Mario Draghi, implica l’osservanza di un atteggiamento distaccato dalle vicende politiche italiane.

D’altronde Papa Francesco ha ricordato in queste ore che se l’impegno politico è confacente alla manifestazione concreta della carità cristiana, non è di converso confacente, nel tempo della piena espansione delle scelte del Concilio, il vagheggiato cedimento alla ipotesi di un “partito cattolico”, ammesso, per altro, che la lezione democristiana abbia mai adottato una formula così equivoca. In questa cornice, l’operazione tentata da Zamagni, ovvero la ripresa del cattolicesimo politico in chiave moderata, entra nella nebulosa dei tiepidi e dei refrattari che tendono a smorzare le novità pastorali – novità di metodo ma soprattutto di contenuto – introdotte dall’attuale pontificato. Finisce pertanto la suggestione di una copertura vaticana che improvvidamente si voleva assegnare a mo’ di garanzia agli imperativi dello stare insieme, da cattolici, per essere in qualche modo nuovamente protagonisti.

O piuttosto, in questa griglia di contraddizioni, per essere ancor più insignificanti?

 

L’intervista di “Formiche” si può leggere utilizzando questo collegamento