La pandemia virale di Covid-19 è stata la terza grande crisi della globalizzazione. Dopo l’esplosione della bolla americana dei mutui subprime che causò l’effetto domino recessivo in tutto il mondo e la crisi terroristica causata dall’Isis, eccoci giunti alla prima grande epidemia della nostra Era, che aggredisce  il corpo sociale, fiaccato dalle pregresse difficoltà. Coloro che vogliono sopravvivere e, magari, godere dei frutti del proprio lavoro, si trovano ora depressi dalle difficoltà economiche odierne, appesantite dal carico fiscale che, in alcuni Paesi, come l’Italia, è notevole. La globalizzazione ha dei “pro” e dei “contro”. I secondi li stiamo subendo, chi più, chi meno; i “pro” dobbiamo ancora scoprire come sfruttarli appieno. La parola d’ordine per i prossimi anni sarà: pianificare.

Si, perché non si può più pensare ad avere come modello di vita quello della cicala. Per pianificare, tuttavia, occorre disciplina, conoscenze e tanto studio; e non sempre gli studi di professionisti e di mediazione sono all’altezza della situazione, ghiotti come sono di “speculare” sulla clientela preferendo una ricca parcella senza, tuttavia, rispondere appieno alle necessità del cliente.

L’Italia, società che non ha veramente conosciuto la riforma protestante, non è stata permeata dalla cultura e dall’etica calvinista del lavoro e del sacrificio. Come se non bastasse, un ferraginoso sistema legislativo assai elegante ma poco adatto al mercato globale odierno, non aiuta  il cittadino e l’impresa. Occorre quindi fare da sé, per quanto possibile. Essere autodidatti. Conoscere le implicazioni della pianificazione, anche e soprattutto quella fiscale che, nostro malgrado, diventerà una necessità, e non la scelta di pochi solerti piccoli imprenditori.

La stessa parola “imprenditore” nel nostro Paese ci rimanda a pochi grandi capitalisti che hanno tessuto le trame finanziarie e politiche della nostra storia moderna. Nell’Italia “gramsciana” essere “imprenditori” rappresenta un modo per sminuire qualcuno, oppure vederlo come un “ghiottone”, un avaro, una persona nemica del popolo perché, nella nostra mentalità, non ama condividere con gli altri il frutto del proprio lavoro, proprio lui, che ha di più. E’ per questo modo meschino di pensare che la nostra società mediterranea non è mai decollata, restando una società di grossolani pezzenti, con ben poche eccezioni. La pianificazione fiscale è un mezzo per risparmiare sui propri guadagni, oltre che per investirli.

Una società residente all’estero può operare in Italia: può addirittura acquistare beni immobili. Se la nostra società privata, ad esempio, acquistasse beni non strumentali, e li mettesse a reddito, ciò rappresenterebbe per il fisco italiano una possibile attività di impresa in Italia; ma ciò non succederebbe se la stessa attività venisse svolta in modo marginale.

Ed è qui che entrano in gioco i “pro” della globalizzazione. Anche piccoli imprenditori possono utilizzare le leve tecnologiche e normative dei mercati globali. Anche i piccoli risparmiatori possono diventare dei piccoli imprenditori. Ecco realizzarsi il passaggio di un popolo da “dipendenti” a “professionisti”. La proprietà di un immobile non rappresenta in sé una stabile organizzazione, come definito dalla risoluzione n. 460196 del 1989. Avere la proprietà di una casa o di un palazzo, ad esempio, come società estera, non rappresenta l’esistenza di una organizzazione societaria, per il fisco.

Tale status cambia in caso di affitto dell’immobile? La stessa risoluzione lo nega, recitando “ … o un mero affitto di locali” sottintendendo che la locazione in Italia da parte di un ente estero non configura l’esistenza di un’attività imprenditoriale. Ciò che differenzia un’azienda da una mera locazione è infatti l’autonomia di gestione che, mancando, non configurerebbe l’attività d’impresa: ergo, la tassazione sarebbe la stessa di quella riguardante le persone fisiche. Viene da sé che con questo mondo gli italiani dovranno presto scontrarsi, imparando a gestire anche i meccanismi della fiscalità indiretta per tutelare i propri beni radicati in Italia.