Chiara Lubich diceva che “la politica rappresenta l’amore degli amori, ossia il livello più alto dell’amore.” Ripartire da questo valore universale rappresenta oggi la sfida che i cristiani possono vivere e condividere.

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“Si dice spesso – temo con un pizzico di retorica – che niente di ciò che viene fatto per amore va perduto.  Si tratta di un’affermazione abbastanza difficile da verificare, anche perché il tempo che intercorre tra un gesto d’amore e i suoi frutti è spesso molto più lungo delle nostre esistenze. Ma a volte succede che sia possibile, nell’arco di una vita, vedere il punto di partenza e i suoi frutti”.

Agnese Moro (una delle figlie dello statista democristiana assassinato dalle Brigate Rosse) conia questo pensiero nell’introduzione del libro di Francesco Secchi “Ri-animare la nostra politica: una nuova sfida per i cattolici”. Si tratta di una riflessione profonda che tocca sia la sfera privata, sia quella che comunemente viene definita pubblica o, meglio, politica. Ma forse per quest’ultima interpretazione gli avvenimenti contemporanei sembrano andare in tutt’altra direzione.

Eppure esiste quel fil rouge che tiene insieme vita privata e vita pubblica se è vero, come è vero, che dal primo punto di vista non bisogna mai pentirsi di aver amato una persona incondizionatamente e disinteressatamente (anche soffrendo per una vita intera). Così come è vero che il sentimento dell’amore in politica rappresenta quella tensione ideale verso la costruzione di una società più giusta, egualitaria in cui ciascuno opera in funzione dell’altro e mai per puro interesse personale.

Se si parte da questi valori, si arriva a quelle conclusioni che papa Francesco ha racchiuso nell’Enciclica “Fratelli tutti”. Perché se siamo tutti fratelli, allora non può esistere né odio, né violenza e, conseguentemente, guerre sanguinarie come quelle che affliggono il mondo contemporaneo. Privato e pubblico dovrebbero camminare insieme sulla base di questi valori universali; spesso, però, l’arrivismo, l’interesse privato, la ricchezza distolgono dall’obiettivo vero per il quale tutti siamo chiamati a realizzare in questa vita. E quando questo edonismo vige nel privato (l’interesse economico personale prima di tutto), di riflesso coinvolge anche l’azione politica.

Ecco che allora anche in quella che dovrebbe rappresentare il mezzo per l’organizzazione migliore della società secondo i principi cui si faceva cenno prima, diventa una sorta di prerogativa del più forte, del più furbo, ossia di chi agisce non per sentimenti, ma solo per l’utile economico. Ecco che allora ci troviamo di fronte politici e capi di Stato senza alcuna motivazione ideale, che misurano le loro capacità politiche sulla base della forza, delle armi (con tutto l’intreccio perverso che la costruzione di quest’ultime ha sull’economia mondiale), ossia su quella realpolitik che rifiuta qualsiasi connessione con la solidarietà, con la pace tra i popoli e le nazioni.

Il discorso è globale, ma è anche riferito alle vicende nostrane. Perché se a livello mondiale occorre tornare ad una cultura che sappia riproporre i valori dell’onestà, della giustizia sociale, della dignità per tutti i popoli della terra, in Italia i principi messi in disuso del patrimonio politico dei cattolici democratici rappresentano l’unico mezzo per uscire da una crisi ideale e morale. Chiara Lubich diceva che “la politica rappresenta l’amore degli amori, ossia il livello più alto dell’amore.” Ripartire da questo valore universale rappresenta oggi la sfida che i cristiani di tutto il mondo dovrebbero portare come motivo principale di un rinnovato impegno civile.