Riflettere oggi sull’attuale situazione politica che si è determinata in Italia da più di un decennio, ivi compresa la classe dirigente sia di maggioranza che di opposizione con i rispettivi partiti di riferimento, riporta alla mente figure politiche della cosiddetta Prima Repubblica (tanto osteggiata e vituperata) che hanno fatto la Storia di questo Paese attraverso un pensiero politico limpido, un linguaggio sempre educato e rispettoso delle idee altrui, un comportamento ed uno stile di vita rigorosi sul piano morale.

Un ricordo lo si deve soprattutto a Benigno Zaccagnini (scomparso la sera del 5 novembre 1989 nella sua casa di Ravenna), non solo per averlo conosciuto, frequentato e per essere stato il mio Maestro di politica e di vita, ma anche perché sembra così lontano dalla stragrande maggioranza dell’attuale entoutage politico italiano.

Il suo pensiero politico può essere senz’altro sintetizzato con una frase di quando alla guida della Democrazia Cristiana, negli anni di piombo, ridiede speranza, moralità e rinnovamento ad un partito avvinghiato dalla logica del potere per il potere e di quella realpolitik fedele alla concezione del possibile. Disse allora Zac da verace romagnolo: “Per un vero romagnolo la politica, in perfetta sintonia con il proprio carattere, non sarà mai contenibile nella classica definizione di arte del possibile: essa non è e non può che essere concepita che come tensione all’impossibile”.

Oggi siamo distanti anni luce da queste concezioni, il professionismo politico (senza cultura e senza etica) spadroneggia negli attuali partiti e movimenti politici, la carriera politica personale (intesa come occasione di fortuna per facili guadagni) rappresenta l’obiettivo di questa “nuova” classe dirigente.

Benigno Zaccagnini ci riporta invece a quella che possiamo definire politica come vocazione, ossia tensione ideale che poggia su valori non negoziabili: il riconoscimento della persona umana nella sua individualità e la ricerca del bene comune.

Occorrerebbe una attenta e seria riconsiderazione di queste idee, ma non per semplici commemorazioni, bensì per riprendere con coraggio una iniziativa politica capace di ridare fiato ad una idea di centro nuova e autonoma, in grado di rimettere al centro dell’azione politica l’attuale situazione di crisi economico-sociale, senza integralismi né populismi.

Una nuova stagione politica in Italia è possibile, soprattutto oggi dove la pseudo politica alberga ovunque ed è sempre più incline allo spettacolo e ai talk show.

Ricostruire un nuovo partito di centro è possibile ed auspicabile, ma senza più annunci infiniti che rimandano al domani, né con nuovi integralismi che evocano l’unità politica dei cattolici italiani. Anche su quest’ultimo punto il pensiero di Zac è illuminante quando al XIII Congresso della DC nel 1976 ammoniva: “Io credo che nessuno di noi possa riproporre l’idea di un partito cattolico che già i popolari motivatamente rifiutarono”.

Su questo versante, credo, possa essere costruito un nuovo partito capace di attirare credenti e non credenti per un nuovo programma sociale e per ridare speranza al popolo italiano.