LA POVERTÀ, NUDA E CRUDA, SENZA IDEOLOGIE.

 

La forza finanziaria del RdC – ricorda l’autore – ha permesso di intervenire positivamente in una congiuntura complicata dalla pandemia e dal post-pandemia [….] Senza il RdC avremmo avuto almeno un milione di poveri in più I problemi di questo paese sono tanti, ma concentrare la colpa sui poveri per lo sciupio delle risorse pubbliche non è certo la scelta migliore: il nemico è la povertà, non il povero.

 

Roberto Rossini

 

I poveri sono da anni oggetto, e non soggetto, del dibattito pubblico. Lo sono soprattutto nelle versioni caricaturali del furbetto e del divanista, che sono comunque relativamente poche e quasi sempre scoperte. Degli altri – quelli veri – si parla poco, così come si parla poco di servizi sociali territoriali, di assistenti sociali e di progetti operativi del terzo settore.

 

Peraltro i poveri non sono pochi. Sì, pur sempre meno di uno su dieci cittadini italiani, eppure questi “uno” complessivamente fanno più di cinque milioni e mezzo, secondo l’Istat. I beneficiari del Reddito di cittadinanza sono invece poco più di tre milioni e mezzo, secondo l’Inps. Quindi significa che – a occhio e croce – una buona parte dei poveri rimane scoperta. Come si interviene?

 

Il contrasto più efficace contro la povertà era stato parzialmente avviato attraverso l’introduzione del Reddito di inclusione col governo Gentiloni. Diciamo “parzialmente” giacché, per quanto il disegno del provvedimento fosse adeguato, il finanziamento non lo era: poco più di due miliardi di euro. Quando la maggioranza Lega-M5S introdusse il Reddito di cittadinanza la situazione si ribaltò: un disegno meno adeguato ma un finanziamento più adeguato, oltre sei miliardi di euro. Chissà, forse l’ideale sarebbe stato avere il disegno sartoriale del ReI e il finanziamento congruo del RdC: per rivestire la nuda povertà serve il vestito giusto, che ha un certo costo.

 

La forza finanziaria del RdC ha permesso di intervenire positivamente in una congiuntura complicata dalla pandemia e dal post-pandemia. Senza il RdC avremmo avuto almeno un milione di poveri in più: lo ricorda Bankitalia riprendendo quanto dichiarato dall’Inps sulla base dei dati Istat. Bankitalia dice anche – a proposito di modernizzazione – che l’introduzione del RdC è stata una tappa significativa nell’ammodernamento del welfare del nostro Paese, nonostante le criticità. Questa valutazione è figlia di quanto affermato dalla Commissione Europea solo pochi mesi fa, quando chiese di modernizzare i regimi di reddito minimo, perché essi sono (stati) cruciali durante la pandemia e nell’attuale contesto di aumento dei prezzi dell’energia e dell’inflazione.

 

Ma la manovra di bilancio ha preso la strada opposta, annunciando la fine del RdC per il 2024 e il contemporaneo taglio del sussidio a coloro che, pur in condizioni (teoriche) di lavorare, non troveranno lavoro entro i prossimi otto mesi del 2023. Secondo l’Istat questa riduzione colpirà 846mila individui, cioè poco più di un beneficiario su cinque. Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio perderebbe il sussidio oltre il 38% degli attuali beneficiari, tra cui disoccupati e occupati con redditi talmente bassi da rientrare nei requisiti per ottenere il Reddito. Come si sa i beneficiari vengono prevalentemente dal sud Italia, hanno un titolo di studio basico e nella maggior parte dei casi non hanno lavorato nei precedenti tre anni. Forse per inserire alcune di queste persone al lavoro si rivelerebbe utile una qualche forma più strutturata e più incentivante di accompagnamento. E invece, per ora, niente: solo un indurimento delle condizioni per i più fragili. Duri coi fragili.

 

I problemi di questo paese sono tanti, ma concentrare la colpa sui poveri per lo sciupio delle risorse pubbliche non è certo la scelta migliore: il nemico è la povertà, non il povero. Il problema della povertà è chiaro e studiato, lo strumento pure e i finanziamenti già identificati: basta la volontà politica di fare la cosa giusta. Tutto il resto è propaganda.