La sfida è tra fautori di un futuro possibile e irresponsabili demagoghi.

Sinceramente lo auspico, da italiano e da europeo. 

Si è scritto molto sulla famosa “lettera” che il Governo italiano ha mandato a Bruxelles in risposta alla richiesta di chiarimenti sullo stato del nostro debito pubblico.
Sappiamo che questa lettera dice ciò che il Governo in carica – con le sue divisioni – poteva dire. Cioè ben poco, se non fare riferimento – legittimo, ma scontato – alle condizioni generali di mancata crescita registrate, seppur meno che in Italia, a livello europeo.
Qualcuno sostiene che la Commissione Europea, sulla base di questa lettera – ma forse,  più che altro, sulla base della oggettiva debolezza politica di un organismo in scadenza – non attiverà subito nessuna procedura formale di infrazione contro l’Italia per violazione degli accordi liberamente sottoscritti anche dal nostro Paese in materia di debito pubblico.
Sinceramente lo auspico, da italiano e da europeo.
Sbaglierebbe l’opposizione a scommettere su un esito diverso dell’istruttoria in corso a Bruxelles, nonostante il fatto che il Governo italiano abbia fatto di tutto per mettersi (e mettere tutti noi) nei guai.
Tocca all’opposizione – e a tutte le forze sociali e civili del Paese – dimostrare quel senso dello Stato e quella responsabilità che Lega e M5S non hanno saputo esprimere fino ad ora.
Del resto, il passaggio vero non sta nell’esito di questa famosa “lettera”.
Se la Commissione aprisse formalmente la procedura di infrazione sarebbe drammatico: ma se anche – come si spera – non lo facesse, i problemi per l’Italia non sarebbero certamente superati.
Resta, in ogni caso la necessità di una manovra autunnale di Bilancio che – stante la situazione – neppure Mago Merlino potrebbe confezionare senza decisioni gravi e impegnative.
In poche parole – Bruxelles o non Bruxelles – non ci sono i soldi per realizzare neppure una minima  parte delle promesse in base alle quali Lega e M5S – oltretutto con proposte tra loro divaricanti – hanno vinto le elezioni politiche del marzo 2018 e tanto meno per realizzare il “contratto di Governo”,  che ne rappresenta non una sintesi, ma una semplice sommatoria, di volta in volta “tirata per la giacca”.
Le poche risorse finanziarie a disposizione sono state ipotecate da misure ottime dal punto di vista elettorale, ma di dubbia efficacia sul piano della crescita e anche su quello dell’equità sociale. E nessuno sa dire come sarà possibile reperire le risorse necessarie per finanziare tutto il resto che si sbandiera.
Sarebbe buona cosa se il Governo dicesse la verità: la questione della “lettera” di cui alle discussioni attuali con Bruxelles riguarda la situazione attuale – già precaria – della nostra finanza pubblica, non  il suo prossimo futuro.
Entro il quale si colloca – tra l’altro – anche la promessa di una Flat Tax da 30 miliardi (peraltro in campagna elettorale la Lega aveva proposto una misura da 50/70 miliardi) senza che ciò riduca né la spesa corrente “sociale” né la spesa di investimento (già ridotta all’osso) e senza che ciò comporti l’aumento dell’IVA già iscritto come previsione nel Bilancio 2020 per circa 24 miliardi.
Come si pensa di ottenere questo risultato? Dio solo lo sa.
Si dice che la soluzione non può più essere quella della “austerità”. Giusto.
Le politiche restrittive sono state una dura necessità nel momento dell’emergenza finanziaria ma non possono essere un dogma valido sempre e comunque. Lo sappiamo bene.
Il problema sta nel fatto che il rilancio di una politica espansiva (orientata alla crescita e alla equità sociale) non potrà essere praticata dai singoli Stati Nazionali: nessuno di loro (a maggior ragione quelli più gravati da un gigantesco debito pubblico come l’Italia) ha le risorse e le capacità di farlo, a fronte del nuovo scenario competitivo globale. Condivido l’idea che il ricorso al debito – in una situazione come questa – può essere una necessità.
Ma come possiamo pensare che ciò possa essere fatto dai singoli Paesi ed in particolare dal nostro?  Quali sarebbero le conseguenze sui mercati finanziari? L’Italia già oggi deve mettere ogni anno a Bilancio circa 80 miliardi per pagare gli interessi sul debito: soldi che dobbiamo stanziare per pagare gli interessi a chi ci presta nuovi soldi per pagare i debiti già contratti che vengono a scadenza.
La mia opinione è che solo i Paesi Europei della Zona Euro, tutti assieme, potrebbero mettere in campo una strategia di finanziamento straordinario a debito di investimenti strutturali per la crescita e la lotta alle disuguaglianze.
La vera battaglia a Bruxelles non dovrebbe essere sulla “flessibilità” nel calcolo del rapporto tra Pil e Debito Pubblico nei singoli Bilanci Nazionali (flessibilità che peraltro l’Italia ha usato ampiamente nel recente passato) ma sulla decisione di dare vita ad una Autorità Finanziaria della Zona Euro abilitata ad emettere obbligazioni garantite dalla BCE e finalizzate a sostenere investimenti straordinari per accrescere la competitività economica, l’innovazione tecnologica, l’efficienza infrastrutturale, la ricerca e la coesione sociale.
Certo è che per varare un programma di questo tipo servono una forte volontà di segno “europeista” ed una fiducia reciproca che oggi non si vedono.
Speriamo che il nuovo Parlamento Europeo trovi al proprio interno una maggioranza che punti su questa prospettiva.
Non saranno però certo gli “amici euroscettici” di Lega e M5S a poter dare un consenso a questo progetto.
Il sovranismo è arma a doppio taglio. Mitizza la sovranità dei singoli Paesi ma non concepisce la vera, unica dimensione che oggi può garantire questa “sovranità”: quella della sua condivisione in chiave europea.
Dunque, non siamo oggi di fronte ad una disfida tra “rigoristi” fautori dell’austerità da una parte e propugnatori di una politica finanziaria ed economica espansiva dall’altra.
Siamo semplicemente di fronte ad uno scontro tra fautori di un futuro possibile e demogoghi irresponsabili.