Lo dico da estimatore di Draghi, unico possibile sostituto di Conte e futuro presidente della Repubblica in pectore: a Rimini, egli ha fatto una disinvolta acrobazia, denunciando gli effetti nefasti delle politiche europee dello scorso decennio, periodo nel quale lui non stava certo su Marte, che hanno prodotto un decennio perduto e una generazione di giovani perduta.

Tuttavia come presidente Bce gli va riconosciuto di aver cercato di mitigare il rigore ordoliberista e di aver gestito al meglio una situazione che volge al peggio a causa delle mancate riforme al sistema finanziario internazionale dopo la crisi del 2008. Mancate riforme denunciate anche da Papa Francesco già nel 2015 al n. 189 della Laudato Si’, denuncia lasciata cadere dai cattolici in politica: «La crisi finanziaria del 2007-2008 era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale. Ma non c’è stata una reazione che abbia portato a ripensare i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo».

La cruda realtà è che per impedire il collasso del sistema si sta assistendo ad una riforma all’incontrario, che sta togliendo a chi aveva già poco (precari, stagionali, piccole attività dei servizi, del turismo e della ristorazione) per salvare chi ha accumulato ricchezze sconfinate con la speculazione finanziaria. La recessione prodotta dal provvidenziale virus è ossigeno per quanti fondano le loro smisurate fortune sulla certezza di assenza di inflazione e di tassi di interesse negativi. Più la recessione dura a lungo e più a lungo il loro “gioco” può continuare. Ma per quanto potrà essere sostenibile una tale risposta alla crisi che per riuscire implica il deterioramento dell’economia reale e dei legami sociali?