LAICITÀ, L’ULTIMO REGALO DELLA DC.

Basta prendere atto dello storico comportamento dei leader e degli statisti della Democrazia Cristiana per rendersi conto di come i cattolici declinavano con ineccepibile correttezza la laicità dell’azione politica. Contro il laicismo della sinistra massimalista e radicale, e contro anche le tentazioni confessionali e integralistiche di alcuni settori della destra, la “lezione” della Democrazia Cristiana ha rappresentato  un modello di come si può essere testimoni di un fede religiosa e, al contempo, legislatori di uno Stato laico.

Tra le molte eredità positive lasciate dalla Democrazia Cristiana alla politica italiana, c’è indubbiamente il capitolo della laicità. Ovvero, della laicità dell’azione politica e, di conseguenza, della laicità dello Stato. Un elemento decisivo per qualificare la buona politica ma, soprattutto, un tassello fondamentale per evitare ingerenze inopportune e soprattutto per battere alla radice concezioni politiche e culturali lontane se non addirittura alternative ad una corretta laicità dell’azione politica e ad un vero rispetto dello Stato laico. Su questo versante, è appena sufficiente prendere atto dello storico comportamento dei leader e degli statisti della Democrazia Cristiana per rendersi conto di come i cattolici – praticanti ed espressione della cultura cattolico popolare, sociale e democratica – declinavano con ineccepibile correttezza la laicità dell’azione politica, nelle varie scelte legislative, e soprattutto la laicità dello Stato.

Per arrivare all’oggi, non si tratta di avere pregiudizi culturali e pregiudiziali ideologiche sulle convinzioni politiche del nuovo Presidente della Camera come manifesta concretamente la sinistra. Molto più semplicemente, si tratta di prendere atto che la storia, non la caricatura, del cattolicesimo politico italiano è esente da qualsiasi deviazione integralistica e, tantomeno, da qualsiasi ingerenza confessionale. E questo perchè si può manifestare tranquillamente la propria ispirazione religiosa ed etica nella dimensione politica, nel pieno rispetto delle altre culture politiche, degli altri filoni ideali e del principio democratico e costituzionale della laicità. 

Sotto questo profilo l’esperienza cinquantennale della Democrazia Cristiana è un esempio da richiamare. Si trattava, cioè, di una classe dirigente politica che anche di fronte a snodi delicati e fondamentali che emergevano nelle varie fasi storiche per misurare concretamente la laicità dell’azione politica e dello Stato – si pensi solo alla legge sul divorzio, sull’aborto e sulla legislazione sulla famiglia – ha sempre manifestato trasparenza di comportamento e pieno rispetto dei principi costituzionali. E questo, al di là di qualsiasi giudizio politico e culturale su quel partito, è semplicemente un fatto. Politico, culturale e storico. Contro il laicismo della sinistra massimalista e radicale e contro le tentazioni confessionali e integralistiche di alcuni settori della destra – facilmente verificabili come le ultime vicende hanno platealmente confermato – la “lezione”, il “magistero” e lo “stile” degli uomini e delle donne della Democrazia Cristiana rappresentano tuttora un modello di come si può essere testimoni di un fede religiosa e, al contempo, legislatori di uno Stato laico. Certo, anche nella Dc – come tutti sanno – c’erano sensibilità e modalità diverse nel declinare la concreta azione politica. Ma, per citare due soli leader storici della Dc molto diversi tra di loro – penso all’esponente della destra cattolica Oscar Luigi Scalfaro e al leader della sinistra sociale Carlo Donat-Cattin – c’era, però, una perfetta coincidenza di come si doveva rispettare e tradurre la laicità dello Stato e della stessa azione di una politica di ispirazione cristiana.

Ecco perchè le ultime polemiche attorno alle mille dichiarazioni rilasciate dal neo Presidente della Camera prima di essere eletto alla terza carica dello Stato, non rappresentano affatto la storica tradizione dei cattolici impegnati in politica nel nostro paese. Si tratta, seppur legittimamente, di una concezione politica e di una radice culturale del tutto estranea ed esterna alla miglior tradizione del cattolicesimo politico italiano per come si è manifestato nel nostro paese dal secondo dopoguerra in poi. Dopodichè, come ovvio e scontato, abbiamo sempre saputo che esiste una concezione integralistica e neo confessionale nel panorama variegato e pluralistico dell’area cattolica italiana. Ma, com’è altrettanto evidente, non è mai stata maggioritaria nel mondo cattolico nè, tantomeno, nella cultura politica italiana

Forse è giunto anche il momento affinchè i cattolici democratici, popolari e sociali alzino di più la voce non per aizzare polemiche inutili e fuorvianti ma, molto più semplicemente, per chiarire – e per l’ennesima volta – che si può essere tranquillamente credenti e legislatori senza ripristinare vecchi steccati e, soprattutto, senza ledere i convincimenti e le opinioni di ciascun cittadino. Per questo è sufficiente rileggere e far tesoro della storia e della prassi concreta della Dc nel corso degli anni per fugare qualsiasi equivoco e alimentare confusione e caos. Sappiamo che c’è un modello, corretto e trasparente, nel disciplinare il rapporto tra i cattolici e la politica e poi ci sono nicchie ideologiche e tardo integralistiche che la pensano diversamente. Se verranno a galla basta denunciarle sotto il profilo politico e culturale. Senza ingigantirle e senza tanta enfasi.