L’azzardo di Salvini e il no ad elezioni anticipate

Quando in politica la forza non genera soluzioni, diventa inevitabile che la loro ricerca, all’ultimo sempre più affannosa, vada incontro al vento contrario della frustrazione. Inmezzo, tra l’euforia di consensi abbondanti e il disagio per mancanza di sbocchi pratici, cresce l’ansia mascherata di protervia. Poiché l’unica certezza appare il logoramento dello stato di grazia, s’abbraccia volentieri la risposta più aggressiva e avventurosa. Meglio combattere, si dice, che consumarsi a fuoco lento.

Salvini, in effetti, propone l’ultimo suo azzardo avendo la netta percezione di quanto pesi la dialettica su questo doppio fronte di combattimento: l’uno verso l’entusiasmo dell’Italia nazional-populista, l’altro verso la penuria di risultati nell’azione di governo. Con l’apertura della crisi muove pertanto in direzione  di un’incognita che sembra più accettabile, ai suoi occhi, del maneggio improduttivo degli affari correnti alla luce dei continui dinieghi dell’alleato grillo. Ora può accadere di tutto, anche di votare in ottobre, secondo le reazioni a caldo dopo il comizio di Sabaudia.

Salvini rispolvera a modo suo un vecchio slogan del ‘68: “Siamo realisti, chiediamo l’impossibile”. E l’impossibile sta nel credere che il ritorno alle urne sia suffragato dal plauso degli alleati di governo e al tempo stesso delle forze di opposizione,  in un tripudio di fazioni l’un contro l’altra armata, dimentiche dei fragili equilibri del Paese. Solo un Pd votato al suicidio può condividere uno scenario di totale irresponsabilità. Da oggi i riflettori sono puntati (anche) sul Nazareno.

Se Salvini intende rompere, non è detto che gli avversari abbiano facile convenienza a coprirne le movenze. Questa legislatura è nata male e non può durare a lungo. Tuttavia, lo scioglimento anticipato delle Camere implica sempre  un che di traumatico, chissà foriero di quali esiti, magari anche peggiorativi dell’attuale condizione. Bisogna tornare alle urne avendo messo in sicurezza i conti pubblici e definito, all’occorrenza, uno scenario di maggiore chiarezza in ordine alle opzioni strategiche da sottoporre agli elettori. Per questo occorre una “maggioranza tecnica” che faccia argine, intanto, all’avventurismo salviniano. Attorno a un Conte-bis, concentrato sulla gestione di pochi punti programmatici, può strutturarsi una nuova offerta politica. A quel punto, e solo allora, il corpo elettorale avrà modo di conoscere tutte le alternative e sciogliere con pieno discernimento.