La tradizione democratico cristiana ha sempre individuato nelle alleanze il valore aggiunto e la cifra distintiva del sistema politico. Allora si deve recuperare, e più ancora inverare, la lezione che proviene da questa storia e dal magistero di statisti e leader che ne hanno interpretato i valori.

Diceva Mino Martinazzoli che in Italia “la politica è politica delle alleanze”. Apparentemente una banalità, ma non è così. Anzi. Perchè storicamente, e anche recentemente, la cosiddetta “cultura delle alleanze” è stata avversata, duramente avversata. Voglio ricordare, al riguardo, tre soli esempi.

Innanzitutto la cosiddetta “vocazione maggioritaria” di veltroniana memoria. Certo, il leader del Pd dell’epoca l’aveva disegnata senza doppi fini e senza alcuna malizia politica. Ma è indubbio che quella impostazione era allergica alla costruzione delle alleanze tradizionali perchè individuava nella centralità del partito l’elemento cardine per creare e consolidare la democrazia dell’ alternanza nel nostro paese. Ovvero, il partito come alternativa all’alleanza. Ma se questa era la motivazione nobile che giustificava la discesa in campo della “vocazione maggioritaria”, è altrettanto vero che si trattava di un progetto politico che affondava le sue radici ideali nella cultura gramsciana che, nella fattispecie, faceva proprio del partito il “nuovo principe” della società.

Come secondo esempio non possiamo non ricordare che il leader della destra italiana, seppur di questa anomala destra nostrana, Silvio Berlusconi, ha sempre sostenuto che il suo programma di governo lo “può realizzare solo il giorno che il suo partito ha la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento”. Una tesi alquanto ardita, al di là della propaganda che accompagna purtroppo in modo sistematico la politica contemporanea. Ma, al fondo, la concezione è sempre quella. E cioè, la coalizione o l’alleanza è vista ed interpretata come un inciampo e un fastidio più che non come una ricchezza e un valore aggiunto per il governo e la democrazia italiana.

Un terzo ed ultimo esempio è rappresentato dal populismo praticato dai 5 stelle. Cioè dal partito populista per eccellenza nel sistema politico italiano. Una strategia che non prevedeva alcuna alleanza perchè gli altri partiti erano sostanzialmente da radere al suolo e sostituiti dal verbo e dai dogmi del populismo. Una prassi che è stata urlata e decantata per anni da tutto il partito dei 5 stelle salvo poi rinunciarvi improvvisamente e collettivamente per motivazioni di puro potere. Ovvero, per dirla in termini ancora più semplici, per continuare a conservare il seggio parlamentare con relativi benefits e privilegi da un lato e i posti ancora meglio retribuiti come ministri e sottosegretari dall’altro. In una parola ancora più comprensibile, per continuare a stare al potere e non ritornare a lavorare. Anche perchè, per molti di loro, manca anche il posto di lavoro. Da qui la gestione trasformistica ed opportunistica della politica e della stessa prassi politica. Ossia, il peggio che la politica possa offrire. Ma anche in questo caso persiste una radicale e scientifica ostilità e diffidenza nei confronti delle alleanze e delle coalizioni.

Ecco perchè, in ultima analisi, se vogliamo recuperare anche in vista delle ormai prossime elezioni politiche il senso, la mission e il ruolo delle alleanze dobbiamo rifarsi organicamente alla cultura democratico cristiana e cattolico popolare. Una tradizione che ha sempre individuato nelle alleanze il valore aggiunto e la cifra distintiva della nostra democrazia e del nostro sistema politico. Una cultura che riconosce e valorizza il pluralismo politico e culturale – di norma rinnegato da chi individua nel proprio partito il salvatore della patria o il “nuovo principe” – e, di conseguenza, la centralità delle coalizioni e il valore delle alleanze politiche.

Insomma, anche su questo versante non si prendono lezioni da nessuno. Né dai populisti dei 5 stelle, nè dalla tradizione post comunista della sinistra italiana e tantomeno dalle varianti della destra italiana. Semplicemente si deve solo recuperare, ed inverare sempre di più nella politica italiana, la lezione del filone democratico cristiano e il magistero dei suoi statisti e leader. Ancora una volta, quindi, dal passato si traggono gli spunti decisivi per governare il presente e guidare il futuro.