Le correnti della Dc e i gruppi del Pd.

Come è ovvio che sul banco degli imputati è salito un solo e grande accusato: il correntismo.

Dunque, è inutile ancora soffermarsi sulla crisi in cui versa il Pd. Al di là delle chiacchiere sempre  più stucchevoli sulle “ripartenze” e sulle “rigenerazioni” – ormai ridicole se non addirittura  grottesche – quello che conta è ciò che ha detto con inusitata franchezza l’ex numero 1 del  partito. Appunto, Nicola Zingaretti, semprechè non ritiri le dimissioni a furor di popolo. E cioè, “Mi  vergogno del Pd perchè è un partito che pensa solo alle poltrone e alle primarie”. Una frase,  pesantissima e senza precedenti, che però non ha stupito nessuno. Almeno quelli che conoscono  cos’è realmente il Pd, oggi.  

Ora, è ovvio che sul banco degli imputati è salito un solo e grande accusato: il correntismo. E,  quindi, le innumerevoli e sempre crescenti correnti del Pd che, il più delle volte e soprattutto a  livello periferico, si tratta di semplici bande che scorrazzano in un partito ormai privo di  organizzazione territoriale ma che si rendono utili e necessarie esclusivamente per il  raggiungimento e l’occupazione sostanziale e spregiudicato del potere. Come, appunto, ha detto  il suo segretario nazionale. Certo, è un esercizio difficile e di fatto sempre più misterioso capire  quali sono le reali differenze politiche tra queste innumerevoli e molteplici correnti. Si tratta, come  quasi tutti sanno, di correnti personali che, grazie alle tessere fatte e a numeri ricavati da  fantomatiche primarie, sono e restano decisive per la spartizione del potere interno al partito e  nelle istituzioni. 

Ma, al di là delle vicende domestiche del Pd, quello su cui vale la pena richiamare l’attenzione –  anche perchè campeggia qua e là su vari organi di informazione – è la profonda diversità tra le  correnti della Dc e quelle del Pd. Senza esaltare oltremisura, come ovvio e scontato, la  democrazia e l’organizzazione interna ad un grande partito popolare, interclassista e di massa  qual’era la Dc, si può tranquillamente dire che in quel partito le correnti erano anche e soprattutto  espressione di ceti sociali, di interessi reali che agivano nella società, di sensbilità politiche  diverse l’un dall’altra e, sopratutto, erano guidate da leader politici riconosciuti e riconoscibili. Poi,  com’è altrettanto ovvio e scontato, anche da quelle parti non mancavano degenerazioni e cadute  di credibilità, soprattutto quando si avvicinavano i congressi locali e nazionali. Ma il dibattito e il  confronto interno era sempre ispirato ad un dialettica fortemente politica che ricavava la sua  ragion d’essere dal fatto che le correnti, appunto, rappresentavano anche pezzi di società e non  solo somma di tessere.  

Cosa capita, invece, nel Pd al punto da far vergognare il suo segretario nazionale? Una cosa  molto semplice: più aumentano le correnti, i gruppi, i gruppuscoli e le bande interne e più si  indebolisce il confronto e svanisce il progetto politico. Al punto che, oggi, al di là delle chiacchiere  e della relativa ipocrisia, nessuno conosce quale sia il reale progetto politico del Pd. È persin  inutile snocciolare i rapidi cambiamenti di opinione e le piroette politiche che si fanno addirittura  nell’arco di pochi giorni. Solo uno come Bettini può spiegare questa rapidità nel formulare le  ricette che, di volta in volta, il Pd mette in campo e sempre diverse da quelle che erano state  precedentemente e pomposamente illustrate e magnificate. Al punto che, non è difficile  prevederlo, la prossima Assemblea nazionale finirà con un documento dove si evidenza l’unità del  partito, il suo grande radicamento sociale e territoriale, il suo spiccato riformismo di governo e la  riproposizione della tesi che si è perno dell’alternativa al sovranismo, alla destra illiberale, alla  minaccia fascista e bla bla bla. Tutti slogan che ormai conosciamo quasi a memoria e che, di  norma, hanno la durata di una settimana circa per poi cedere il passo alle diatribe tra le infinite  correnti, gruppi e bande che animano il partito. 

In conclusione, il nodo vero da sciogliere è semplice e al tempo stesso complesso. E cioè, il  correntismo violento e spregiudicato si batte solo in un modo all’interno di un partito: se la ricerca  e la conservazione del potere cedono il passo alla politica e al progetto politico. Se quello non  avviene, capita semplicemente quello che ha detto Zingaretti. E cioè, si lotta solo e soltanto per le  poltrone e per gli escamotage organizzativi che ti permettono di raggiungerlo. Amen.