Dall’ultimo numero della rivista «Vita e Pensiero» pubblichiamo uno stralcio da «La leadership femminile nell’Africa del XXI secolo» (traduzione di Mario Porro) di Josée Ngalula, teologa, religiosa della Congregation Saint-André e prima donna africana a entrare nella Commissione Teologica Internazionale.

Josée Ngalula 

Il dinamismo impressionante delle donne africane in materia economica fin dall’Africa tradizionale si è rafforzato con l’avvento della colonizzazione, e poi delle indipendenze africane. La scolarizzazione delle donne ha fatto nascere il salariato femminile: maestre, addette alle pulizie, segretarie, hostess, cassiere.

Ma in rapporto alla leadership femminile nell’ambito economico, l’epoca contemporanea ha soprattutto dato alle donne alfabetizzate una maggiore autonomia, specialmente a quelle che sono emigrate in città: alcune nubili vi hanno sviluppato attività commerciali di ampia portata, rivaleggiando talvolta con i grandi commercianti europei, per l’approvvigionamento regolare e su vasta scala dei mercati, delle mense, dei ristoranti.

Ve ne sono alcune che ogni mattina inviano nella strada varie decine, talora centinaia di commercianti ambulanti che esse pagano come lavoratori giornalieri, al fine di smerciare acqua in sacchetti, ciambelle, biscotti, caglio, abiti per bambini, che altre decine o centinaia di lavoratori a giornata hanno fabbricato. Alcune gestiscono anche circuiti di distribuzione che toccano varie città dell’Africa, senza spostarsi dalla loro poltrona.

Altre ancora si sono specializzate nei viaggi da un centro urbano all’altro per comprare e rivendere merci all’ingrosso. Alcune di queste commercianti sono diventate quel che il linguaggio popolare africano chiamerà le «nana benz» (potremmo tradurre «signore in Mercedes», NdT) presenti in tutte le grandi città dell’Africa: si tratta di donne proprietarie di piccole o medie imprese (pubbliche o clandestine) ed estremamente ricche. Sulle loro spalle vive il mondo degli artisti, dei musicisti, dei politici e dei piccoli commercianti. E tuttavia, dalla seconda metà del XX secolo, sta emergendo un nuovo volto dell’imprenditorialità femminile.

Infatti, un’indagine della Banca mondiale pubblicata nel 2010 ha rivelato l’avanzare di una nuova generazione di donne con un livello elevato di istruzione, iniziate alle tecniche di management, che hanno deciso di volare con le proprie ali come imprenditrici.

Se nel periodo dell’Africa tradizionale le donne avviavano attività per necessità di sopravvivenza delle loro famiglie, in questo XXI secolo sono sempre più numerose nuove figure di imprenditrici che si lanciano per voglia e per determinazione, al fine di imporre la loro leadership in un contesto nazionale e internazionale competitivo. Esse rifiutano di rinchiudersi nel mondo del microcredito tradizionalmente proposto alle donne commercianti dell’Africa in crisi economica, o nelle cooperative classiche degli ambienti commerciali femminili africani. Gestiscono il loro capitale, maneggiando milioni, addirittura miliardi nella loro moneta nazionale, sforzandosi di piegarsi alle esigenze di competitività e di produttività imposte dalla globalizzazione dei mercati.

Nel corso del Vertice economico delle donne d’affari africane, tenutosi a Nairobi il 19 e 20 marzo 2010 sul tema Investire in modo differente sulle donne, era presente un centinaio di donne africane dirigenti d’azienda in agrobusiness, cosmetica, didattica innovativa, bancarie, esperte finanziarie, ministre dell’economia e governatrici di banche centrali.

Si è scoperto durante il Vertice, ad esempio, che in Kenya il numero di imprenditrici donne supera quello degli uomini. E si è appreso con gioia che una donna africana era stata selezionata fra sette imprenditori a livello internazionale per un programma dell’Onu: si tratta di Bouthayna Iraqui Houssain, madre di tre bambini e dirigente di Locamed, una società di distribuzione di materiale medico e ortopedico. Anna Mokgokong, presidente esecutivo di Community Investment Holdings in Sudafrica, è stata segnalata come una delle donne d’affari più influenti del continente africano. La tanzaniana Ugwem Eneyo si è messa in luce per progetti di depurazione dell’acqua, l’ivoriana Touré Diabaté nel mondo dell’industria, Magatte Wade nell’agroalimentare e nella cosmetica. Altre donne africane sono alla testa di fondi d’investimento molto attivi sul continente: Souad Benbachir in Marocco, o ancora Tsega Gebreyes, in Etiopia.
(Fonte: L’Osservatore Romano – 22 aprile 2022)