Dunque, le sardine sono in campo, i pinguini pure. In attesa, forse, dei pescecani o chissà chi altro. Però questa volta lo debbo ammettere. Per chi e’ arrivato alla politica dalla “scuola” di uomini come Carlo Donat-Cattin e Guido Bodrato si fa qualche fatica a sintonizzarsi con il movimentismo delle sardine, dei pinguini o di altri gruppi ittici. Certo, tutti sappiamo quali sono le corde politiche, sentimentali, culturali che muovono le sardine.

Per fermarsi al movimento che ha fatto più rumore in queste ultime settimane. E cioè, dar vita ad una opinione di sinistra “contro” Salvini, “contro” il centro destra e “contro” la maggioranza politica e numerica – almeno stando ai sondaggi – che attualmente caratterizza il trend elettorale degli italiani. Un movimento, cioè, dichiaratamente di parte – come tutti sanno e come molti fingono invece di non sapere – e che combatte per una prospettiva politica alquanto chiara e netta.

Altroché movimento apartitico, trasversale, orizzontale e fieramente antipopulista. Sui cosiddetti “pinguini” le idee sono ancora poco chiare ma anche su questo versante le scelte di campo saranno nette e senza equivoci. Ora, al di là di questi simpatici movimenti ittici, quello su cui – dopo la comprensibile propaganda e dopo il giusto compiacimento per la discesa in piazza di migliaia di persone – prima o poi occorrerà soffermarsi riguarda il profilo politico, il progetto politico, la struttura organizzativa e la qualità della classe dirigente che caratterizzano questa nuova esperienza politica e nella prossima e potenziale prospettiva partitica. Perché un fatto è indubbio: nel campo della sinistra, dove si colloca il movimento itinerante delle sardine, esperienze di questo genere ne abbiamo già conosciute ad abbondanza nel passato.

Lo schema è sempre lo stesso, anche se le fasi storiche scorrono e ogni esperienza, com’è ovvio, non è paragonabile a quella che l’ha preceduta. Ma c’è un filo rosso – anche cromaticamente rosso – che lega tutte queste esperienze: e cioè, in sintesi, scelta di campo netta; sotterraneo rifiuto degli attori politici di sinistra in campo; messa in discussione della classe dirigente di sinistra nel momento della discesa in piazza; programmi fumosi e un po’ moralistici e, in ultimo, respingere la tesi che si tratti di un partito organizzato. Ecco, al riguardo conosciamo a memoria l’epilogo di tutte le esperienze che hanno preceduto le sardine nel campo della sinistra e della estrema sinistra. Questa sarà la volta buona che si differenzia profondamente rispetto al passato? Può darsi ma al momento non lo sappiamo. Quello che sappiamo è che si stanno ripetendo, altrettanto puntualmente, tutti i passaggi che hanno contraddistinto i tentativi precedenti.

Con una differenza, non trascurabile però. Questa volta la leadership politica ed organizzativa, almeno così pare, non è riconducibile ai volti milionari della “sinistra al caviale” e degli esponenti alto borghesi della sinistra dei salotti romani e di Capalbio. E’ indubbiamente un grande passo in avanti e che può anche essere decisivo per orientare e condizionare il futuro. Purché, e questo è l’elemento altrettanto decisivo e qualificante, arrivi in fretta la politica.

Cioè, la proposta, il progetto e un programma. Perché in politica si vive anche e sicuramente di emozioni e di sentimenti. E, in questo caso, di contrarietà rispetto ad un “nemico” da combattere e da aggredire. Almeno verbalmente. Ma tutto ciò, come ben sappiamo, non è affatto sufficiente ed è destinato a spegnersi rapidamente. Come è capitato, appunto, per tutti gli esperimenti che hanno preceduto l’ennesima trovata della “piazza”. Perché, prima o poi, la politica ti presenta il conto. E lottare e scagliarsi solo contro il “nemico” non è sufficiente. Serve altro. Cioè la politica.