Leader del passato. Citarli o ricordarli?

Ha ragione Follini quando evidenzia che la stanca  e scolastica ripetizione di alcune parole d’ordine del magistero politico

Forse ha ragione Marco Follini quando dice che i leader del passato non vanno tirati per la  giacchetta. O meglio, essere consapevoli che le loro parole e le loro riflessioni sono anche e  soprattutto il frutto del tempo in cui erano collocati e appartengono a quella determinata fase  storica. E l’amico Marco ha oltremodo ragione quando dice che “il passato è oggetto di consumo  per politici incapaci di cose nuove”. E Marco parla, nello specifico, delle parole e delle riflessioni  di Aldo Moro. 

Ora, se è vero che non possiamo citare a sproposito i grandi leader e gli statisti del passato – che  non vanno mai confusi con i semplici “capi”, per dirla con l’indimenticabile Mino Martinazzoli – è  altresì vero che proprio il magistero di quei leader e di quegli statisti continua a conservare una  bruciante attualità e modernità. Certo, non quando le riflessioni sono riconducibili ad un quadro  politico oggi semplicemente non più riproponibile per la semplice ragione che il passato non si  ripete meccanicamente.

Mai. Ma proprio nel rigoroso rispetto dello scorrere delle diverse fasi  storiche, si può tranquillamente sostenere che da quel magistero politico, culturale, sociale, di  governo e forse anche spirituale è possibile e doveroso continuare ad attingere. Valori, principi,  stili di vita e cultura politica restano pietre angolari che caratterizzano non solo il magistero dei  grandi leader politici del passato ma anche e soprattutto il percorso e l’avventura di un filone  ideale. Penso, nello specifico, al cammino tormentato ma fecondo storicamente del cattolicesimo  sociale e del cattolicesimo democratico.

Certo, ha ragione Follini quando evidenzia che la stanca  e scolastica ripetizione di alcune parole d’ordine del magistero politico di quegli uomini da parte di  molti esponenti della classe politica contemporanea è semplicemente ridicolo, nonchè grottesco. 

Perchè i partiti personali, i cartelli elettorali e i capi della post politica che hanno teorizzato e  praticato la cultura dell’”anno zero” per anni, cioè la sostanziale cancellazione delle culture  politiche tradizionali, non sono particolarmente credibili quando citano i “giganti” politici del  passato. Ma ricordare, citare e forse anche inverare il loro magistero, almeno per coloro che  provengono da quella tradizione ideale e politica, forse più che un omaggio è anche e soprattutto  un dovere. Politico, culturale, e forse anche morale.